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Trecento anni di vita, poi l’addio. Ma nessuno a Messina dimenticherà il Pignaro

La storia di un albero ultracentenario e di una comunità: Zafferia. Era talmente parte del villaggio che gli è stato dedicato il nome di una via

La sua presenza maestosa è rimasta immobile, rassicurante, per circa trecento anni. Ha visto generazioni correre, crescere, trovare riparo. Fino ai giorni di oggi. Quelli della malattia e dell'abbattimento. Una ferita per la comunità di Zafferia e non solo che guardava al Pignaro, l'albero secolare, come ad un fraterno amico. E non importa che si trovasse all'interno di una proprietà privata, che oggi lo omaggia con un murales, perché le comunità di paese, di campagna, di villaggio, ha sempre trovato il momento per aprire il cancello e condividere il bene più prezioso che abbiamo: il tempo. Che è diventato tempo per ridere, scherzare, bere, condividere. L'idea che è balenata? Far rivivere quel che resta trasformandolo in una scultura e aprire questo spazio in giornate particolari, o quando si spalancano le porte di quel gioiello prezioso di Villa Cianciafara, a cui è legato neanche troppo lontanamente.

Ma riavvolgiamo il nastro dall'inizio. «Era un punto di riferimento – racconta Rosaria Forestieri – da quello che mi raccontavano i miei nonni. I miei bisnonni lavoravano a villa Cianciafara come contadini e siccome ricercavano un po' di pace e tranquillità hanno pensato di chiedere un pezzo di terreno sede di un albero grande. E quindi qui sono venuti ad abitare Pietro e Maria, i miei bisnonni. Alla fine sono rimasti mio nonno da cui è nato mio padre Pietro che amava questo luogo fin da quando la strada era sterrata e non vi era quasi nulla. In pochi lo ricordano».
Sotto il Pignaro tanti ricordi. Quando non vi erano telefoni che dividevano e si cresceva nei cortili. Respirando vita. «Sono nato e cresciuto qua – precisa suo fratello Felice, – che scava nelle vecchie foto. Per noi è stato come perdere una persona cara. La domenica si mangiava sotto il Pignaro. La vendemmia si faceva lì. Era il grande albero che raccoglieva la grande famiglia e gli amici. Ben 25 anni fa abbiamo organizzato una grande festa e questa estate per rivivere quei momenti abbiamo onorato i 25 anni da questo evento. In ricordo. Con musica anni novanta. Altro pensiero? Quello di Milena Visalli, viva nei nostri cuori, con cui sono cresciuto e giocavo. Sempre qui».

E anche Carmelo, ex studente della Sapienza, emigrato di ritorno, che di Rosaria e Felice è cugino, dice la sua: «Rammento ancora un tema di terza elementare e lì raccontavo che abbeveravo le piante con mia nonna vicino al Pignaro. Un “frame” che restituisce l'infanzia. A chi è cresciuto viene alla mente la luna e i falò di Cesare Pavese e la certezza che un paese ci vuole. Io nei miei discorsi dico spesso che sono di Zafferia, facendo una differenza con Messina città. Per rimarcare le origini». Nostalgico anche Giuseppe, studente di Medicina: «Andavo a rifugiarmi con un libro di Camilleri. Era bello stare in silenzio, scrivere, talvolta svuotare la testa».

Nella memoria collettiva il Pignaro continuerà intanto a vivere nei luoghi. Infatti, nel riordino della toponomastica generale del Villaggio di Zafferia sono state titolate ben 32 vie e grande impegno è stato profuso dal consigliere Giampiero Terranova, in carica fino al 2022, che ha curato tutta la toponomastica insieme ai colleghi della circoscrizione pensando anche a quel dono della natura che era un simbolo. «Una via della ex contrada Macchia – racconta Terranova – è stata proprio dedicata al Pignaro esattamente la via che conduce proprio lì si chiama Via del Pignaro. Le motivazioni di tale scelta sono molteplici. Da quella antropologica a quella naturalistico paesaggistica e sociale nonché a quella identitaria perché il grande e maestoso Pignaro ha identificato un territorio originariamente rurale e ne ha scandito le stagioni e le vicende umane».

 

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