Avrebbe compiuto 100 anni a ottobre: ieri ci ha lasciato Fortunato Gennaro, partigiano messinese. Una delegazione dell’Anpi di Messina - si legge in una nota -, è andata immediatamente a rendergli l’ultimo saluto e tornerà, stavolta al cimitero di Spadafora, al momento della tumulazione. «È il minimo che possiamo fare – ha detto il presidente dell’Associazione partigiani, Giuseppe Martino –, per esprimere la nostra gratitudine a chi ha contribuito a lasciarci libertà e democrazia». Gli anni giovanili Fortunato Gennaro li ha spesi nella lotta di Liberazione dal nazi-fascismo; una Resistenza “semplice”, la sua, quella di un ragazzo nato al “Ponte Americano” di Messina e cresciuto a Bisconte, poi passato in Umbria con tutta la sua famiglia. E proprio in Umbria è stato componente della “Brigata Gramsci” fra il 1943 e il 1944, portandosi dietro la sua idea di giustizia sociale maturata in riva allo Stretto. Con la stessa naturalezza ha proseguito la sua militanza democratica, come dimostra la tessera dell’Anpi di Messina sottoscritta nel 1948. Lascia il segno di un impegno che tocca alle generazioni successive proseguire contro qualsiasi forma di tirannia. Ecco uno stralcio della sua biografia, scritta dalla figlia Giuseppina “Terzogenito e unico maschio dei cinque figli avuti da Vincenzo Gennaro e Giuseppa Celi, Fortunato nasce a Messina l’8 ottobre del 1925. Cresce nel quartiere di insediamento post terremoto denominato ‘Ponte americano’, nei pressi di Viale Europa. Il padre Vincenzo, già in tenera età orfano di padre, crebbe e si formò professionalmente nel convitto Cappellini di Messina, che oggi ospita il liceo scientifico Archimede, dove acquisì, tra l’altro, le nozioni musicali che coltivò facendosi apprezzare da adulto come suonatore di clarino nella banda musicale di Messina. Si era affermato nella professione artigianale di falegname ebanista, coltivando parallelamente la passione per la musica che riuscì in parte a trasmettere a Fortunato il quale, in gioventù, imparò da autodidatta a suonare la fisarmonica. Sul finire degli anni ’30, quindi in pieno regime fascista, la famiglia Gennaro con l’ancora piccolo Fortunato si trasferì dalla baracca di legno in una delle casette popolari appena allestite nel rione Bisconte di Camaro Inferiore dove, a seguito delle sue manifeste idee libertarie, apertamente comuniste, papà Vincenzo venne ostacolato nel suo mestiere dal gerarca locale, risultando presto inviso al punto da fare autorizzare anche un’azione di pestaggio ai suoi danni”. “Si può comprendere come le ritorsioni e l’osteggiamento professionale a cui venne assoggettato il padre andarono a ricadere sull’intera famiglia. Episodi che segnarono la sensibilità di Fortunato, che amava ed ammirava profondamente il padre, a seguito dei quali iniziò a maturare quel senso di rivalsa della giustizia civile e di rispetto per il prossimo che lo accompagnerà per il resto della vita”. “Brillante studente di ragioneria, tanto da terminare il ciclo scolastico presentandosi all’esame di Stato dopo avere unito in unica soluzione l’ultimo biennio, al termine del conflitto mondiale Fortunato avrà l’opportunità di impiegarsi da civile nella vicina caserma dell’Esercito Italiano “Gasparro”, definita Direzione Artiglieria, inizialmente in veste di tornitore, ma presto verrà destinato alla gestione contabile della stessa caserma Gasparro”.