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Milazzo, l'atleta paralimpico Amelio “el loco”: forte e resistente come il bambù cinese

Forte e resiliente come il bambù cinese che, piantato nel terreno, impiega almeno cinque anni prima di iniziare a crescere rigoglioso, elevandosi al cielo: si definisce così Amelio Castro Grueso, l’atleta paralimpico di scherma che nella sua vita ha sperimentato la rinascita dopo tanto dolore; lo chiamano “el loco”, il folle sognatore, ma il suo segreto è la grande fede in Dio che lo ha preso per mano facendogli risalire la china controcorrente. Il 32enne colombiano ha voluto condividere la sua testimonianza con i giovani messinesi protagonisti di “Let’s start accendiamo la speranza”, il raduno organizzato dalla Pastorale giovanile diocesana, diretta da padre Stefano Messina, che si è tenuto nel Duomo di Milazzo. A soli 16 anni perde la madre in circostanze tragiche, a 20 un grave incidente stradale gli toglie l’uso delle gambe e la famiglia lo abbandona in ospedale.
Spalle larghe, atteggiamento solare e sereno, lo schermidore che ha gareggiato alle Paralimpiadi di Parigi nel Team rifugiati ha raccontato come in quella esperienza estrema di dolore e di abbandono, incontra Dio. «All’inizio è stato difficile, poi ho incontrato Lui e proprio in quegli anni ho scoperto la fede, in mezzo a tutta quella sofferenza, in mezzo a tutta quella mancanza ho capito che se credi alla fine le cose si risolvono. Dico sempre di essere un privilegiato perché ho la capacità di affrontare le difficoltà», rivela Amelio alle ragazze e ai ragazzi che hanno ascoltato in religioso silenzio quelle parole di vita. «Dopo tutto quello che mi è capitato volevo scrivere un libro per aiutare soprattutto tanti di voi, perché quando ti succede qualcosa di brutto sei convinto che stia capitando solo a te, credo invece che leggere la testimonianza di qualcuno che ha sofferto e che è riuscito ad andare avanti col sorriso possa essere fonte d’ispirazione. Per questo ho deciso di dedicarmi allo sport: ho pensato che vincendo una medaglia olimpica la mia storia sarebbe arrivata a molte più persone».
Nel 2018 Amelio si reca nella città colombiana di Cali per assistere a una competizione di scherma della nazionale italiana e lì conosce Daniele Pantoni, il tecnico che ancora oggi lo segue. Lo sport inizia a essere per lui un’opportunità non solo di recupero fisico e mentale, ma anche di socialità, viene adottato dalle Fiamme Oro di Tor di Quinto. Il suo sogno era quello di provare ad allenarsi da professionista così, dopo i tre mesi del “visto turistico” con il quale era entrato in Italia, decide di chiedere la protezione internazionale al Governo Italiano; nel luglio 2023 ottiene lo status di rifugiato per la protezione internazionale con il sostegno dell’Alto Commissariato dell’Onu, che si occupa del Team olimpico e paralimpico, e si trasferisce nel Centro di accoglienza di secondo livello del Sistema accoglienza e integrazione a Centocelle dove ancora oggi continua il suo impegno con la scherma. «Quando ero in ospedale, abbandonato dalla mia famiglia dopo l’incidente che mi ha reso paraplegico, continuavo a chiedermi perché tutto quel male stesse capitando a me. E non credevo più. Tutto era buio. Poi tutto è cambiato. Ho intravvisto piccoli gesti, piccoli aiuti, sono arrivato in Italia e ho trovato casa, persone che mi seguono, colleghi di palestra: Dio si è manifestato a me attraverso le persone, nelle piccole cortesie. L’amore è l’unica forza capace di trasformare il mondo nessuno può esistere se non vicino agli altri».

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