Le ceramiche di Santo Stefano di Camastra, la scommessa del rilancio turistico
e le sabbie mobili del commercio
Oggi il paese della ceramica punta essenzialmente sul rilancio turistico. Ne è prova il rapido proliferare delle strutture ricettive come B&b supportate da una risposta adeguata anche nel settore della ristorazione. La comunità, pertanto, dimostra di essere preparata all’accoglienza. L’originale impianto urbanistico del Duca di Camastra, impreziosito dai due belvedere di Porta Palermo e Porta Messina, con una visuale panoramica mozzafiato sul Tirreno, e le traboccanti coloratissime botteghe di ceramica, ne hanno fatto un luogo di forte richiamo. L’afflusso di forestieri dimostra superati i dubbi derivati dalla mancanza, con l’apertura dell’autostrada, del transito obbligatorio attraverso il tratto della Statale 113. Da alcuni anni, l’amministrazione comunale del sindaco Francesco Re ha avviato un ambizioso programma di iniziative. Santo Stefano di Camastra fa parte di un circuito che comprende 56 Comuni italiani noti per l’artigianato artistico della ceramica. Si tratta dell’Aicc (Associazione italiana Città della ceramica) con sede a Faenza, di cui il primo cittadino stefanese è membro attivo. La rassegna si chiama “Buongiorno ceramica”. La recente partecipazione alla Bit di Milano e di Rimini esprime la volontà di rilancio del settore portante dell’economia stefanese. Oggi è già operativa la “Strada della ceramica regionale”, che unisce i 6 centri più affermati (Santo Stefano di Camastra, Caltagirone, Burgio, Sciacca, Collesano e Monreale) con 300 aziende artigianali operanti in Sicilia. Iniziativa concretizzata con il rilascio del “Passaporto della ceramica”, che dimostra l’avvenuta visita dei luoghi del citato circuito con il diritto ad un premio in ceramica. La Gazzetta ha cercato un riscontro di quanto portato avanti con innegabile impegno dagli attuali amministratori, chiedendo il parere a qualche operatore del comparto della ceramica. Ma ne è emerso un quadro tutt’altro che positivo. «Finita la fase della pandemia – dichiara Nino Ferrigno, un artigiano artista del luogo – si sperava in una ripresa che colmasse, sia pure in parte, le profonde carenze di un lungo difficile periodo, ma è pesata la poca disponibilità di denaro da parte dei potenziali acquirenti. La mia attività produttiva ha dovuto subire una sensibile riduzione con la soppressione della vendita all’ingrosso e pesanti ricadute sugli incassi. Non è certamente un buon periodo». Non sono meno pessimistiche le considerazioni di Calogero Amato, uno dei più grandi imprenditori locali: «Dopo la pandemia, con la ripresa della circolazione turistica – dichiara – sembrava che tornassero i tempi migliori. Ma presto ci siamo resi conto delle difficoltà nel reggere il peso dell’attività produttiva, in quanto gravata da tasse esose e siamo scoraggiati anche da una situazione economica generale che non promette nulla di buono».