Messina

Giovedì 21 Novembre 2024

Viaggio nel vivaismo della fascia tirrenica messinese, Furnari “regina” delle piante ornamentali di agrumi

Elevati livelli di produzione, volumi di fatturato milionari, innovazione tecnologica, alti livelli occupazionali (con circa 400 aziende tra Mazzarrà Sant’Andrea, Furnari e Terme Vigliatore), il settore del florovivaismo può considerarsi il vero motore trainante dell’economia della costa tirrenica da Falcone a Milazzo, probabilmente più del turismo, penalizzato dal suo essere ancora ancorato al solo periodo balneare, incapace, ad oggi, di aprirsi alla destagionalizzazione. Un settore in costante crescita che vede nel Nord Europa il suo principale mercato di riferimento e che si articola su due principali branche produttive: quella “industriale” (produzione di agrumi e olivi da frutto per le piantagioni), fortemente radicata tra Mazzarrà Sant’Andrea e Terme Vigliatore, e quella “ornamentale” che, spaziando dall’agrume, all’olivo e alle piante da fiore, vede i suoi centri più importanti a Milazzo (per l’olivo e le piante da fiore) e Furnari (agrumi in vaso). Ed è proprio a Furnari che negli anni ‘80 del secolo scorso il vivaismo tirrenico si evolve, e la produzione si trasforma da industriale ad ornamentale, come racconta Vito Giambò, uno dei pionieri, insieme al fratello Antonino, di questa rivoluzione. «Quello del vivaismo è un settore che è partito da Mazzara Sant’Andrea con gli impianti industriali, poi negli anni ‘80, a seguito della crisi dell’industriale, c’è stata la trasformazione e si è sviluppato il settore ornamentale, cioè quello dell’agrume in vaso. L’evento più bello c’è stato sul finire degli anni ‘80, quando abbiamo iniziato a partecipare alle fiere di settore, come quella di Padova. È stato allora, ricordo, che con mio fratello abbiamo conosciuto alcuni operatori già attivi nell’esportazione all’estero e abbiamo iniziato a trasformare la produzione da industriale a ornamentale e spedire la pianta da agrumi ornamentali in tutta Europa. All’inizio è stato difficile superare la diffidenza degli stranieri, ma poi abbiamo acquisito una certa credibilità nel settore e oggi gli stranieri vengono qui almeno tre volte l’anno». «Possiamo aggiungere – interviene la figlia Daniela – che questo è un prodotto molto apprezzato soprattutto nel Nord Europa. Facciamo tutto qui, quindi operiamo business to business, spedendo a queste grosse catene che poi distribuiscono ai supermercati. Su ogni pianta la nostra etichetta è dotata di un QR Code, da lì il consumatore finale entra nella nostra pagina web e riceviamo tantissimi messaggi ed email di complimenti, di richiesta di consigli su come curare la pianta. Sono felicissimi quando gli arriva questa pianta, da noi, dalla Sicilia». Un’evoluzione, come sottolineano, che ha portato benessere economico al territorio con migliaia di persone impiegate e con la nascita di tante aziende, piccole e medie, alcune specializzate nella produzione del cosiddetto “semifinito” (ovvero la pianta nelle prime fasi prima di essere avviata alla commercializzazione). «Solo la mia azienda – spiega Vito Giambò, affiancato dalla moglie Adriana Clemente , anche lei nello staff aziendale – conta oltre 60 dipendenti tra il settore agricolo e quello dell’amministrazione e vendita. A cui si aggiungono i lavoratori stagionali che assumiamo in quei periodi, come quello degli innesti o degli invasi, dove è richiesta una maggiore forza lavoro». Nonostante le buone prospettive occupazionali e gli adeguati livelli retributivi, il settore è poco attrattivo per i giovani locali e quasi tutte le aziende si rivolgono in buona parte alla manodopera di provenienza estera, in prevalenza da Tunisia, Marocco, Albania e Romania, ma ultimamente si stanno inserendo anche lavoratori provenienti dal Bangladesh. «Impieghiamo il 50% di stranieri, è una bella integrazione, anche se all’inizio c’è la barriera della lingua da superare. I tunisini sono competenti, anche perché è da una vita che lavorano in questo settore. Per il resto siamo noi a provvedere alla loro formazione, abbiamo un capo settore per zona a cui affidiamo due, tre, quattro persone da istruire, ad esempio nella potatura, che è una fase importantissima e che oggi si fa esclusivamente a mano. Molti stranieri la fanno in modo eccellente. Rispetto ad una volta, inoltre, il lavoro è facilitato grazie all’impiego dei macchinari». In una fase storica in cui l’Isola sta soffrendo per le conseguenze della prolungata siccità, il comparto non sta risentendo nella zona degli effetti della crisi idrica, molte aziende hanno i propri pozzi ma sono le tecniche di coltivazione a fare la differenza. «L’evoluzione della tecnica ci consente di risparmiare sull’acqua, ormai le piante sono irrigate con ala gocciolante. Ogni pianta ha un suo gocciolatoio perché sappiamo quanto acqua dobbiamo dare. È difficile ci sia spreco di acqua e questa è una cosa importantissima da divulgare, perché poi ce l’hanno sempre tutti col florovivaismo che consuma e inquina». In chiave futura si punta molto sull’evoluzione tecnologica e Giambò, pur mantenendo un comprensibile riserbo, anticipa importanti novità in arrivo: «Per il futuro stiamo pensando a una macchina che poti le piante grazie all’Intelligenza artificiale. Esistono già macchinari che danno la forma alle piante o che innestano o etichettano, ma ancora non è stato sviluppato un attrezzo che sia in grado di fare quello che oggi, come dicevo, va fatto esclusivamente a mano da gente che capisce quello che sta tagliando, altrimenti la pianta non fruttificherà. Stiamo collaborando con un’azienda high tech dell’Emilia Romagna che sta sviluppando un prototipo che speriamo di riuscire ad avere e testare entro un anno». Tuttavia, anche il florovivaismo si trova ad affrontare alcune criticità, soprattutto legate all’eccesso di burocrazia e agli alti costi della logistica. «Ci sono tantissimi step che devi superare – evidenzia Daniela Giambò –. Ci vuole troppo tempo e, a volte, è meglio investire direttamente perché ci crediamo ed è una cosa molto più veloce». La conferma arriva dal padr: «Stiamo elaborando un Pif (Progetto integrato di filiera, ndr) con un gruppo di vivaisti fra Ragusa, Marsala, io rappresento il Messinese, da due anni aspettavamo il decreto, l’hanno emanato lunedì scorso». Un progetto da 1.299.143,92 euro, con il 50% di contributo regionale, che prevede «nuove serre in contrada Saiatine, l’ho quasi completato, quello che dovevo fare l’ho quasi fatto tutto perché non mi posso mettere di aspettare. Questo è il problema più grosso». Ci sono poi gli alti costi del trasporto che va solo su camion refrigerati per salvaguardare la pianta. Per fare un esempio, un solo carrello diretto in Olanda, ad Aalsmeer, costa sui 125 euro. «Pensi – conclude Vito Giambò – che in Spagna, fino al confine, non lo pagano il trasporto. Perché vengono agevolati dallo Stato. Lo Stato, lì, ha creduto nell’agricoltura e nel turismo».

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