Messina, la battaglia di Nunziella Tumeo: “Pesavo 25 kg, ma mi vedevo grassa. Così ho vinto contro l’anoressia”
«Oggi quando vedo le immagini di quei corpi che comunicano sofferenza mi viene da dire “vorrei aiutarvi tutti”, senza perdere tempo di vita preziosa». L’inferno è piovuto quando è d’obbligo condire l’esistenza di pensieri felici e leggerezza. Il suo nemico peggiore di Nunziella Tumeo, poi, è diventato lo specchio della sua stanza. Deformato e deformante , ma solo ai suoi occhi. Come la bilancia che accecava con i numeri sempre sbagliati e in eccesso in base alla logica del “Non sto comunque bene.” «Abito a Ficarra, vicino Brolo – racconta Nunziella –, il mio incubo è iniziato molto presto a 11 anni. I compagni mi prendevano in giro e inoltre sentivo dirmi che anziché allungare allargavo. Qualche commento infelice anche in famiglia, che per altri era semplicemente una battuta spiritosa. Così ho cominciato a eliminare pasta e pane. Tornando da scuola e posato lo zaino mi limitavo a mangiare un uovo e un pezzetto di formaggio. Ero 47 kg, in carne direi, e mi ero messa in testa che volevo dimagrire». La madre prontamente la porta dalla pediatra, ma al tempo l’anoressia si conosceva forse poco o si sottovalutava. Poi la psicologa e infine il primo ricovero a Reggio Calabria:« In ospedale collaboravo – continua – per farmi dimettere, ma poi tornavo ad assumere le abitudini di sempre. Quell’anno fui pure bocciata e dovetti ripetere la terza media E il nuovo ricovero si presentò presto a Messina. Facevo i pasti assistiti. Il ritorno? Bastava sentire la parola “pienotta” per accendere il buio e farmi sentire non bella ma sbagliata». Tra alti e bassi passano due anni: «A 14 anni – ricorda – sono arrivata a pesare 25 kg. Ero praticamente uno scheletro, ma mi vedevo comunque grassa. Ho avuto un arresto cardiaco. Poco dopo sono andata ad Ancona in un centro specializzato per disturbi alimentari per un mese e mezzo. I miei li vedevo ogni due settimane. Ho deciso di accontentare i medici iniziando a mangiare, ma solo per poter tornare più in fretta possibile a casa. Un copione che avevo già sperimentato. Quando mi hanno dimessa tutto è tornato come prima, un incubo con gli occhi di oggi. A volte i pasti si limitavano ad una pesca o ad una granita». La presa di coscienza arriva intorno al 2014: la giovane un giorno si alza, guarda sua madre che non sa più cosa fare e le dice che se non avesse più consultato nessun medico avrebbe provato a farcela con tutta se stessa: «La rinascita – tira un sospiro di sollievo – è avvenuta davvero. Mi sono iscritta in palestra e la mia personal trainer Gabriella mi ha aiutato tantissimo. Piano piano ho ripreso a mangiare tutti gli alimenti che non mangiavo più e altri di cui non ricordavo nemmeno il sapore. L’altro grazie lo dico sempre alla mia psicologa, Giovanna Leopardi, e ovviamente ai miei genitori, che mi sono stati accanto quando era davvero difficile mantenere la calma». Nunziella oggi che ha trent’ anni ha ripreso in mano la sua vita, e l’anoressia, quel male che ha spento il sorriso suo e della sua famiglia, è solo un brutto ricordo. Mentre la missione primaria è diventata dire a gran voce che bisogna reagire: «Dico sempre di chiedere aiuto e soprattutto di non vergognarsi. E ora che ho capito, dico che tutti dovremmo accettarci così come siamo. Senza cadere nelle trappole di chi dice il contrario». E i sogni nel cassetto sono tanti: «Vorrei trovare un lavoro, realizzarmi e farmi una vita tutta mia. E quando è possibile cerco di raccontare quello che è successo nella mia vita per essere da stimolo a chi pensa che è difficile uscirne. Ma soprattutto mi rendo conto – conclude – della grande importanza che rivestono le parole. Che possono ferire o costruire una seconda vita».