Messina

Lunedì 25 Novembre 2024

Il venerdì Santo a Messina: la processione delle barette

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

L’Ultima Cena. Gesù nell’Orto degli ulivi. La Colonna (Flagellazione). L’Ecce Homo. La Veronica. La Caduta. Il Cireneo. La Crocifissione. L’Addolorata. La Deposizione. Il Cristo Morto. Sono gli undici gruppi statuari che compongono le stazioni mobili di una delle più suggestive Vie Crucis d’Italia: la processione delle Barette, a Messina. Raccontarla sì, lo si può fare, la si racconta ogni anno ma... bisogna viverla, sperimentarla, almeno per una volta nella vita. Viverla con la semplicità di un penitente, con la curiosità di scoprire il secolare retaggio storico, con la voglia di confondersi tra penitenti e curiosi, lasciando che le emozioni riempiano fino in fondo gli occhi, la mente, il cuore. Ognuno di quei gruppi statuari, che corrisponde a una Confraternita, è un piccolo capolavoro d’arte figurativa. Le espressioni di Gesù, di Maria, della Veronica, sono semplicemente meravigliose. E assistere dall’alto al lungo corteo è uno spettacolo unico, ma mai quanto esserne protagonisti tra i portatori e la folla di fedeli dietro a ogni Baretta, lungo tutto il percorso, soprattutto in quel magico-mistico tratto finale, a cui noi messinesi, da secoli, abbiamo dato un nome: la n’chianata... E un consiglio andrebbe suggerito a chi si accosta per la prima volta alla processione, che sia messinese o uno che viene da altre città e regioni per l’occasione: recarsi qualche ora prima, oggi stesso o domani mattina, nella piccola preziosa chiesa “Nuovo Oratorio della Pace” affidata alla cura della storica Confraternita del “SS. Crocifisso Ritrovato”, fondata nel 1751. Lì, dal lontano 1950, sono custodite tutto l’anno le Barette, lì è possibile ammirarle da vicino, tutte insieme, e attingere le notizie storiche, rendersi conto di come dietro questa tradizione religiosa e popolare s’intreccino, con la Storia della città, le sue gloriose o tragiche vicissitudini, le vicende secolari di tante famiglie messinesi che, di padre-madre in figlio-figlia si tramandano il “testimone” della devozione e dell’amore per le proprie radici. Come dice il nome stesso, le Barette erano “piccole bare” (scrigni contenenti i “misteri dolorosi”), che venivano portate a spalla. Alcuni gruppi di statue risalgono ai secoli XVII e XVIII, come l’Ecce Homo e la Flagellazione. La Caduta è della fine dell’Ottocento. L’Ultima Cena venne realizzata nei primi decenni del Novecento, in sostituzione di quella distrutta dal terremoto del 1908. Al secolo ventesimo appartengono le altre statue, in particolare la bellissima Gesù nell'Orto degli Ulivi, trascinata da trenta portatori è del 1956, così come la Veronica, mentre il Cireneo è del 1958. Per risalire alle origini, si deve tornare all’inizio del XVI secolo, quando una rappresentazione della Passione di Gesù venne realizzata a Messina (era il 1508) sulla piazza del monastero carmelitano di San Cataldo, durante la visita del vicerè Raimondo di Cardona. Ma la data che gli storici indicano come l’inizio della secolare storia delle Barette è quella del 1610, quando l’Arciconfraternita del “SS. Rosario dei Bianchi e della Pace”, insieme con quella dei “Santi Apostoli Simone e Giuda”, istituì la processione. Una processione, quella del Venerdì Santo a Messina, che è diventata un evento imperdibile – e ce ne siamo resi conto di recente, quando, purtroppo, negli anni dell’emergenza pandemica, il Covid ne ha impedito il regolare svolgimento –, che richiama ogni anno migliaia di fedeli da tante province della Sicilia, della Calabria e anche da altre regioni. L’invito è di viverla, quest’anno, da appassionati, nel vero senso dell’aggettivo. L’appassionato, infatti, è colui che esprime passione amorosa, ardente, infuocato. Ogni cosa cambia aspetto se lo sperimentatore, l’oggetto della sperimentazione e l’atto dello sperimentare diventano una cosa sola. Occhi, mente, cuore.

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