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Due processioni raccontano l’unità di Barcellona e Pozzo di Gotto

La “vestizione dei Giudei”, i soldati pretoriani a guardia del sepolcro di Gesù, è uno dei momenti più suggestivi

Due processioni che s’intrecciano e che rappresentano il simbolo identitario di Barcellona Pozzo di Gotto. Le rappresentazioni religiose del Venerdì Santo, di origine spagnola, culminano con i due cortei che si snodano dalle estreme periferie. Il più antico, dalla chiesa di “Gesù e Maria” di Pozzo di Gotto, mentre, dall'opposto estremo della città, parte l’altro corteo, dalla Chiesa di San Giovanni Battista ubicata nell'omonimo quartiere, per poi incrociarsi sul viale Don Bosco che prima dell'unificazione dei due agglomerati urbani, segnava il naturale confine di Barcellona e Pozzo di Gotto. Di fatto, adesso unisce nel culto e nella tradizione popolare le due metà della città del Longano che ha conservato soltanto la separazione e l'autonomia delle due Arcipreture e persino dei Santi protettori, San Sebastiano per la moderna Barcellona e San Vito, per l'antica Pozzo di Gotto.
Oltre ai diversi gruppi statuari, le più antiche statue sono quelle di Pozzo di Gotto; le più recenti e con imponenti rappresentazioni, sono invece le Vare di Barcellona, ricche anche di addobbi e persino di cibo e frutta che negli anni passati i commercianti dei prodotti ortofrutticoli, anche fuori stagione facevano arrivare dall'estero per imbandire il tavolo dell'ultima cena. In entrambi i casi le Vare e i gruppi statuari rappresentano le scene della Via Crucis.
La Settimana Santa è caratterizzata dai canti dei “Visillanti” che durante le due processioni intonano i lamenti di un antico canto scritto in versi latini dal poeta Venanzio Fortunato, la “Vexilla Regis”, che tradotto, significa “Cantiamo i Vessilli del Re”. La tradizione racconta che i cantori per affinare la voce dietro le Vare dei gruppi statuari ricavavano energia per continuare a sorreggerle, cibandosi di acciughe salate.
A richiamare soprattutto i più giovani nelle ore che precedono le due processioni è ancora tutt'oggi la vestizione dei Giudei, le guardie pretoriane, al seguito del sepolcro di Gesù Cristo. I costumi più caratteristici che suscitano l'interesse di bambini e bambine, ma anche gli adulti, gli scudi e gli elmi, arricchiti di piume di Pavone, gelosamente conservate da anni in scatole che contengono strati di borotalco, sono quelli indossati dai 16 giudei di Pozzo di Gotto e dal capo degli stessi giudei che da gli anni 70 è Giuseppe La Spada, il quale ha ricevuto lo scettro del comando dallo zio Stefano.
Giuseppe è un geometra che, da quando ha compiuto 14 anni, ha seguito le orme dello zio e adesso intende trasmettere lo stesso amore per questo ruolo al pronipote di 14 anni, Vito, che debutterà domani nel ruolo di “Giudeo”. Anche il padre di Vito, Nicola, è tra i “Giudei” accanto al figlio. La famiglia La Spada con le diverse ramificazioni dal 1956, con Stefano, hanno ricoperto con orgoglio il ruolo delle guardie pretoriane che scortano il sepolcro di Gesù. A incoraggiare nella tradizione la figlia di Stefano, l'ottuagenaria Fortunata, la quale ieri ha voluto assistere all'investitura del pronipote che domani debutterà nella processione del Venerdì Santo che ogni anno, fino a notte fonda, richiama tanti fedeli, ma anche tanti cultori delle tradizioni popolari. In principio, prima dei La Spada, il capo dei giudei era uno dei fratelli Puzzoleo che abitava – ricordano gli stessi La Spada – nelle “casine popolari” di Pozzo di Gotto. Sui fratelli Puzzoleo che erano “spazzini”, all'epoca autentica Corporazione, ha scritto dei suoi ricordi da bambino, il giornalista e scrittore Melo Freni che nel volume “Barcellona un Tempo” edito dalla Corda Frates ha ricordato le emozioni che durante la sua infanzia suscitava l'orgoglio del suo ruolo, il giudeo Peppe Puzzoleo.

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