«Sono passati decenni e rimpiangiamo ancora la gastronomia di Nunnari, ma in tutti questi anni perché nessuno è stato capace di conquistare una fama simile? Cosa manca a Messina? La visione, credo. Io nel mio piccolo cerco di valorizzare quella che spesso appare una città quasi fantasma e in programma ho alcuni pezzi “ad hoc”». Comunicatore per professione. Goloso dalla nascita o quasi. Alessio Cannata, classe 1987, messinese doc, si è fatto strada da solo imponendosi in un settore in espansione lasciando la sua città natale nel 2005. Un anno che ricorda bene perché solo quando salì sul treno prese contezza della situazione.
Gli studi
«Dopo il diploma all' all’Istituto alberghiero Antonello – racconta – decisi di proseguire gli studi. La passione e la curiosità per il cibo erano fortissimi, così mi sono iscritto al primo corso di laurea pubblico in Scienze gastronomiche dell’Università di Parma. Era tutto nuovo per me: fino a quel momento non avevo mai pensato di emigrare e che mi sarei ritrovato tra i banchi dell’Università e soprattutto non dentro una cucina dove imparare il mestiere. Anche il corso di studi era un campo inesplorato: il cibo come cultura non era ancora una moda». Studiare il cibo significa passare sotto ogni campo del sapere. Medicina, storia, economia, scienze e materie umanistiche ma ognuno trova la sua area di specializzazione. E Alessio ha trovato quella in marketing e comunicazione enogastronomica. «Mi sono interessato allo studio dell’economia agroalimentare e alle politiche del cibo oltre al marketing del cibo e della ristorazione. Ho seguito corsi legati al giornalismo e alla comunicazione degli eventi. Per quest’ultimo presentai un progetto per la realizzazione di un evento gastronomico nell’area dello Stretto di Messina: mi valse una lode e feci appassionare molte persone alla città».
Cibo e web
Dopo la sudata corona di alloro ha iniziato a occuparsi delle dinamiche digitali in un periodo in cui si cominciava a parlare di cibo. Iniziò la professione prima come “social media manager” per aziende di “food”, poi come “content strategist”, ovvero creando progetti di comunicazione e realizzandoli a partire dalla conoscenza del mercato e dell’azienda committente fino alla decisione di rendersi indipendente. Nel portfolio grandi nomi: Nestlè, Acqua S. Pellegrino, Sanbitter, Consorzio Trentodoc e Domori.
«Oggi sono un lavoratore autonomo con base a Milano, ma in continuo movimento. Dopo anni tra multinazionali e grandi o piccole agenzie di comunicazione, ho capito che volevo avere in mano la responsabilità di me stesso e dei progetti su cui lavoro. In questo momento seguo diversi lavori di comunicazione legati al mondo “beverage” e della ristorazione. C’è spazio anche per un forno che fa il pane tra i più buoni di Milano, segnalato nella guida delle migliori panetterie d’Italia. E poi c’è il lavoro nella redazione de “Linkiesta Gastronomika”, un giornale di approfondimento per il quale scrivo di cibo, ristoranti e consumi, gestendo la comunicazione di numerosi eventi che si svolgono a Milano e in giro per l’Italia. In tutto quello che faccio c’è una costante ricerca che mi spinge a visitare ristoranti e a mangiare delle cose che non fanno che sorprendermi».
Messina va valorizzata
Alessio che in tre aggettivi si definisce trasparente, critico, loquace, sollecitato lancia un messaggio per la sua Messina che ha bisogno di conoscere il vero significato della parola valorizzazione: «Messina è come una figlia introversa che vive in una famiglia che non la incoraggia. I messinesi sono abituati a vederla limitata, le istituzioni sono state nel passato poco capaci di spronarla. Non vedo ancora progetti concreti di respiro internazionale o capaci di guardare oltre le sponde del mare, da sempre gestito senza visione. Vedi la ex Sanderson, a Tremestieri. Un polo che ha fatto la storia dell’industria agrumaria e che da decenni versa in condizioni che umiliano Messina e la zona sud. Quando si è pensato a cosa farne, l’unica soluzione sembrava essere una fiera: ma davvero non sappiamo pensare più in grande e a un futuro concreto?». E passando in rassegna tutta la carne al fuoco: riforestazione, piste ciclabili, mobilità ammette che non sempre i risultati sono deludenti e bisogna scorgere le cose positive fatte o proporle: «Tutti noi – afferma – dovremmo provare a fare un gioco: dirci tre cose che amiamo di Messina e poi approfondirle, andare a scoprire qualcosa di più, parlarne con qualcuno e immaginare come potrebbero migliorare ancora. La cultura dei messinesi su Messina è il punto di partenza per una conoscenza allargata e di valore. Sul piano gastronomico, che è il mio settore, credo ci sia moltissimo lavoro ancora da fare».
Masterchef e i giovani
Proprio in questi giorni Messina è stata sotto i riflettori della seguitissima trasmissione “Masterchef”. «Ma ad oggi – prosegue Alessio – non ci sono ancora quelle proposte di alta ristorazione capaci di attirare l’attenzione del resto d’Italia. Siamo una città perfetta per il turismo enogastronomico, dobbiamo solo pensare in grande. Vedo poche occasioni in cui si fa sistema tra imprenditori del settore e senza questo, è difficile ottenere attenzione. Una nota positiva? Ad esempio, dell’Orso di Messina, il progetto pizza con tre locali in città, si parla anche a Milano». E ai ragazzi ricorda che nulla è impossibile: «Sono cresciuto nella zona sud di Messina, frequentato una scuola per molti considerata di basso livello e non ho mai scelto di chiedere aiuto “all’amico di” per arrivare dove volevo. Ho fatto tutto spinto solo dalla mia passione. Ho scelto poco per volta il percorso da fare, mettendo sempre davanti l’obiettivo da raggiungere. Nessuna scelta per leggerezza. Mi sono sempre assicurato di potermi pagare un affitto e avere il necessario per vivere, ma non ho mai rinunciato al lavoro dei miei desideri per soldi. Non ci sono regole – conclude – per realizzare un sogno ma nemmeno limiti. Si può andare veloci o lenti, ma con determinazione si arriva ovunque. Basta avere una voglia di fare smisurata e usare sempre il buon senso».
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