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Antonino Bonfiglio e quel vigneto che risplende: così Giampilieri rinasce dopo l’alluvione del 2009

Sarebbe stato facile cedere allo sconforto davanti alla colata di fango. Ma il cuore pulsante, la resilienza, e l'alba di un nuovo giorno, foriero di speranze, hanno fatto sì che si scrivesse la storia. Giampilieri con un vigneto è diventata florida e a completare il bel quadro la cantina di Faro Doc e oasi botanica ad un tiro di schioppo: Briga Marina. Il progetto che lancia un messaggio forte arriva da un'azienda agricola e un paradiso enologico siciliano, quello delle cantine Bonfiglio che hanno ripreso vigore anche grazie a Antonino Bonfiglio, classe 1990, emigrato di ritorno per scelta. «Sono messinese doc – racconta Antonino, volto giovane di questa bellissima realtà – e dopo la maturità classica conseguita al Maurolico ho fatto i bagagli studiando prima a Bologna Relazioni internazionali e poi Politiche pubbliche alla Luiss. E per finire un master al Sole 24 Ore in amministrazione aziendale. Il pensiero dell'attività familiare senza dubbio è stato sempre un chiodo fisso e tornavo spesso per vedere lo stato dell'arte». L’azienda agricola nasce nel 1982, ma le sue radici sono più antiche con la famiglia Bonfiglio che dagli inizi Novecento coltiva la ventosa terra di Briga con produzioni di limoni, arance ed olio considerate sicuramente più remunerative.

Nei primi anni Duemila la decisa sterzata verso la viticoltura: l’agrumeto viene espiantato e vengono realizzati i vigneti con uve autoctone (Nerello Mascalese, Nerello Cappuccio, Nocera) con l’ampliamento della proprietà in località Piano Cuturi, a Giampilieri: «La rinascita era necessaria ed è stata dettata dal fatto che noi stessi dobbiamo essere artefici del cambiamento – continua – e noi stessi che abbiamo vissuto quei momenti drammatici del 2009 ci siamo posti tantissimi interrogativi. Certe immagini sono vive nella memoria. La distruzione faceva da padrona, la vegetazione era stata travolta così come la mia stessa casa. Ma poi è prevalsa la rivalsa, perché arrendersi non è mai una soluzione e oggi siamo convinti che il villaggio può rinascere con un approccio slow, sostenibile, e proponendo quelle relazioni umane e quegli approcci che erano un po' scomparsi ».

La passione per il vino? « La mia passione e la mia esperienza vinicola – puntualizza – non sono dovute a scuole di settore ma dalla pratica. Da quando ho 15 anni lavoro nell'azienda e ho cominciato in estate aiutando gli operai. Oggi abbiamo ottenuto risultati importanti sia in termini di commercializzazioni che di certificazioni, sia per quanto riguarda la doc che per il biologico e questo è motivo di grande orgoglio. E inorgoglisce anche molto il fatto che tanti stranieri si stiano avvicinando alla nostra realtà e vengano a visitare ciò che abbiamo creato».

Antonino Bonfiglio dimostra con i suoi passi ripercorsi al contrario che è possibile investire nella propria terra dopo aver arricchito il proprio bagaglio culturale fuori. E a tutti i ragazzi che ingrossano le fila della grande drammatica diaspora che fa gridare a più parti il ritornello “non è un paese per giovani” lancia un appello: «Io ai miei coetanei e ai più giovani vorrei dare il consiglio di fermarsi a guardare in maniera approfondita ciò che ci circonda, con un occhio fortemente critico, che faccia comprendere quali sono le proprie peculiarità. Veniamo da una terra estremamente ricca e che da secoli ha rappresentato per tanti popoli un punto importante di sviluppo. Quindi bisogna capire che impegno, perseveranza e lavoro sono i fattori principali per poter rimanere e sviluppare il territorio. Un territorio – conclude – che molti di noi, purtroppo, volenti o nolenti, stanno abbandonando».

E lo scenario è bellissimo. Un paradiso con vista stretto e la sorella Calabria e dal 2018 si è aggiunta anche la certificazione di produzione biologica. Una delle poche aziende che fa tutto in casa, dalla coltura al confezionamento del vino nella di distesa di due ettari che dà vita a 9 mila bottiglie che parlano di un Sud che sa farsi strada.

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