Dove si deciderà la partita per il prossimo ermellino? Al Policlinico? Nell’area umanistica? E quando, già in prima battuta o si dovrà attendere il ballottaggio? Sono alcuni dei quesiti che facilmente, in questi giorni, ci si pone nei corridoi di un Ateneo chiamato al voto in fretta e furia per mettersi al riparo dalla bufera Cuzzocrea. Le turbolente dimissioni dell’ex rettore continuano a lasciare una scia di veleni dentro e fuori l’Università ed è inevitabile che quanto avvenuto, sommato all’eco mediatica nazionale e al fascicolo aperto in Procura sul quale vige il massimo riserbo, finirà per condizionare la corsa al voto.
Condizionati anche gli equilibri politici dentro i vari dipartimenti, tutt’altro che di immediata lettura. Se in passato certi schieramenti erano palesi o comunque facilmente interpretabili, oggi non è così o, comunque, solo parzialmente, complice, appunto, la situazione straordinaria in cui si va alle urne, senza un rettore in carica e con una campagna elettorale che si gioca tutta sul filo della dicotomia continuità-discontinuità.
Se da una parte è evidente come sia Michele Limosani, direttore del dipartimento di Economia e oppositore dichiarato del “metodo” Cuzzocrea, a rappresentare la discontinuità, dall’altra è meno netta la rivendicazione della bandiera della continuità. In campo, infatti, ci sono due ex prorettori: Giovanna Spatari è stata indicata direttamente dalla governance Cuzzocrea, quando il cielo sopra piazza Pugliatti era ancora sereno; Giovanni Moschella, invece, che di Cuzzocrea è stato il braccio destro per gran parte del mandato, si è dimesso a settembre, proprio il giorno dopo l’ufficializzazione della candidatura di Spatari. Entrambi rivendicano piena autonomia, con i dovuti distinguo.
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