Il suo biglietto da visita ha il dorso di una carta da gioco siciliana, di quelle che ricordano l’infanzia con i nonni e i papà. E che ricordano i bar, punto di ritrovo di una Sicilia che ha fatto epoca e in cui i signori del posto passavano i loro pomeriggi, proprio giocando a carte e magari sorseggiando un buon liquore. C’è la coppola che sa di stereotipo siciliano, ma che è anche tradizione, cultura e tipicità del luogo, come lo sono i fichi d’India o i melograni.
Da scarti agricoli a primizia per Giuseppe Cinquerrui e il team di “Paesano”, azienda giovane tutta “Made in Sicily”, che li trasforma in liquori. Carciofi, limoni, mandorle, pistacchi e meloni cantalupo “salvati” da un gruppo di lavoro giovane e dinamico che ha realizzato una sorta di network tra produttori e trasformatori.
«Le industrie ricevono il prodotto fresco – spiega Cinquerrui – lo trasformano e realizzano dei liquori artigianali che noi imbottigliamo e distribuiamo tramite importatori esteri nei paesi europei e non solo. Siamo sul mercato in 16 nazioni, nell’ultimo anno abbiamo prodotto più di 50mila bottiglie, triplicando il fatturato del 2021, anno di fondazione dell’azienda. Adesso contiamo di raddoppiarlo ulteriormente, arrivando sui 300mila, grazie anche alla campagna di equity crowdfunding con “Mamacrowd” e all’interesse suscitato nei giorni del “Sud Innovation Summit” a Messina».
La caratteristica principale di “Paesano” diventa quindi l’utilizzo dello scarto agricolo, che però ha lo stesso valore nutrizionale del “frutto bello”: «Ciò che sembra brutto agli occhi, magari è più buono al palato – continua Giuseppe Cinquerrui –, quindi abbiamo deciso di dare maggiore attenzione alle coltivazioni degli agricoltori perché, paradossalmente senza il nostro acquisto, quello scarto rischierebbe di essere buttato. Invece noi lo trasformiamo, realizzando liquori che all’estero raggiungono valori molto più alti rispetto a una materia prima che magari in Italia, se non scartata, verrebbe rivenduta a 20 centesimi al chilo».
Nisseno di Niscemi, Giuseppe Cinquerrui è di fatto un messinese d’adozione: «Ragioni d’amore. Mia moglie lavora in ospedale a Messina e io, potendo dare il mio contributo all’azienda anche da remoto, l’ho seguita e mi sono trasferito molto volentieri. Io mi occupo della parte export, poi abbiamo il direttore e-commerce che lavora da Pistoia, il commerciale da Bologna, il marketing da Genova e il finanziario da Ficarazzi: di fatto portiamo la Sicilia in ogni parte d’Italia». E sono occasioni come il “Sud Innovation Summit” di Messina che fanno la differenza. «Momenti in cui si raccolgono innovatori e sognatori, condividendo le pratiche di successo. E così si aiutano quei giovani imprenditori che vogliono valorizzare la nostra terra».
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