L’immagine e la storia della Vara è indissolubilmente legata a mons. Vincenzo D’Arrigo, per quasi mezzo secolo cappellano e anima della processione che, con il suo inconfondibile fervore, la generosità e la capacità da buon tifoso di calcio di saper fare “gioco di squadra”, è stato il simbolo di quel “Viva Maria” gridato a gran voce da tutti i messinesi. Era il 1975 quando mons. Federico Rando gli affidò il compito di coordinare la manifestazione destinata ad assecondare i cambiamenti sociali della comunità: dalla nascita di un gruppo di coordinamento con il quale condividere le fasi della preparazione, all’idea della messa sotto il cippo la sera della vigilia a piazza Castronovo, da lui ribattezzata “Cattedrale sotto le stelle”; dalla benedizione delle corde alzate al cielo alle mitiche “scasate”. Abbiamo voluto affidare il suo ricordo a un giovane sacerdote, don Giuseppe Di Stefano, la cui vocazione è nata nella vallata dell’Annunziata, per oltre 60 anni casa di mons. D’Arrigo. «Tutto per Maria, per la mamma del cielo»: una frase che ripeteva spesso incoraggiando i tiratori e spingendo avanti insieme a loro con lo sguardo sempre attento la “machina” votiva che passava in mezzo al fiume umano di fedeli. Don Giuseppe parla di «quell’omone con la tonaca nera e la corona del rosario sempre in mano» che, «piccolo fra le braccia della Madonna, ha incarnato il servizio di cappellano facendone una bandiera di vita. Padre D’Arrigo ci credeva profondamente alla festa dell’Assunta e preparava quel giorno in maniera minuziosa, con i suoi “pizzini” cuciti e fotocopiati su un foglio bianco, nell’incontro con i tiratori, i vogatori, i timonieri riuniti in un’unica comunità, il popolo di Maria. La sua – prosegue il sacerdote – era una Vara a piedi, vissuta in mezzo alle corde fin quando ce la faceva, poi scortato dalla macchina della Polizia municipale per le soste di preghiera». Mons. D’Arrigo era soprattutto un padre «misericordioso e accogliente»: malgrado le numerose polemiche susseguitesi negli anni, legate alla presenza fra le corde di persone poco raccomandabili, «lui aveva sempre uno sguardo di premura paterna e attenzione soprattutto per coloro che avevano sbagliato, che si erano macchiati di un reato mai parole di giudizio o condanna, ma misericordia e accoglienza».