«Dopo la laurea ho iniziato a lavorare come insegnante in Istituti di cultura italiana in Brasile e come cooperante in Africa. Ma le carte, ad un certo punto, andavano rimescolate con un salto». Che la musica sarebbe stata il suo tutto lo ha capito alla soglia dei trent'anni, quando guardandosi allo specchio si è tolto un po’ di strati e maschere per riscoprire davvero se stesso. Ermanno Panta, classe 1983, compositore, cantante e polistrumentista messinese residente alle Isole Baleari con la passione per la poesia, il folk, il jazz e soprattutto il flamenco, con i suoi testi in spagnolo, catalano , siciliano e arabo unisce culture diverse creando ponti visibili di dialogo. E il suo è un impegno vivo e atipico. «Il mio amore per la musica – racconta Ermanno – è nato camminando verso l’Etna con nonno Rocco. Quei momenti li ricordo come se fosse ieri. Lui si metteva a cantare e mi raccontava storie di italiani immigrati in Spagna e in America Latina che hanno lasciato il segno nei paesi di accoglienza. Viaggio e radici hanno sempre camminato di pari passo. E la mia è una vera vita da giramondo. Sono stato in Brasile, in India e in Africa e ho messo radici stabili in Spagna nel 2010. La mia indole era comunque chiara già a 17 anni quando grazie ad una borsa di studio sono andato in Argentina per 6 mesi. Questa esperienza mi ha aperto letteralmente la testa, ma non subito ho capito quale spazio avrebbe avuto la musica». Un amore in realtà nato da piccolissimo, quando Ermanno bimbo suonava con qualsiasi cosa, anche con le pentole: «La passione? Innata. Penso che la mia scelta di diventare musicista – continua – e di seguire questa strada professionale sia dovuta a una vera e propria chiamata che negli anni è diventata sempre più forte. Già tra i 25 e i 30 anni ho cominciato a lavorare con la musica, a fare i primi concerti e a guadagnare qualche soldino, ma soprattutto mi divertivo tantissimo. Il lavoro e il mio percorso universitario a Scienze politiche andavano anche discretamente bene, ma non mi sentivo realizzato come quando salivo su un palco, o come quando studiavo un pezzo nuovo, scrivevo e componevo con in mano uno strumento nuovo. E proprio per questo motivo, infatti, ho deciso di dedicarmi solo alla musica, la mia più grande passione, e ho fatto di tutto affinché potesse diventare il mio lavoro. Non ho scelto io di diventare musicista, ma è come se la musica avesse scelto me. La quotidianità ha fatto il resto. Mi sono domandato: Ma se dovessi morire domani? Che faresti oggi? E la risposta è stata ovvia, naturale e scontata: suonare». La sua musica è un mix perfetto tra flamenco, jazz e tarantella e di fatto irrompe una ricerca artistica vibrante e coinvolgente. «Il mio amore per la musica tradizionale siciliana e del Sud Italia – precisa – e per il flamenco è infinito. Il flamenco è una forma di musica e di danza di origine andalusa e da ormai vent'anni faccio ricerche su ciò che accomuna il flamenco, la musica andalusa e la musica del Sud Italia e sulle radici in comune tra la musica andalusa e la nostra. Ci sono nomi illustri, come Domenico Scarlatti e Silverio Franconetti, che hanno determinato il destino della musica spagnola e hanno contribuito al suo sviluppo. E questi nomi, per me, nella mia ricerca, sono stati fondamentali. Mi piacerebbe seguire questa linea di italo-spagnoli che in maniera così appassionata e meticolosa si sono dedicati alla scoperta delle sonorità mediterranee, ispirandosi alla musica popolare, componendo e ricomponendo in maniera innovativa, personale e unica. Io, nel mio piccolo e con la massima umiltà, voglio seguire questa linea e questo modello. E il sogno più bello è fare quello che faccio ». Con Banda Zeitun (zeitun, in arabo, significa oliva verde, simbolo unificante dell'area del mediterraneo), Ermanno ha prodotto l’album “Isla Musa”, un omaggio alla Sicilia (Narrator Records, 2019) e “Llengua de Terra” (2023), scritto in catalano dedicato alla sua isola adottiva, Formentera. «I sogni nel cassetto sono tanti – conclude Ermanno –. I miei tour e viaggi per il mondo sono stati fonte di ispirazione e mi hanno dato il grande onore di collaborare con John McLaughlin, Jorge Pardo e Carles Benavent. Ma di sicuro mi piacerebbe suonare al Teatro di Tindari o di Taormina».