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Il segretario generale della Cisl: un Patto sociale per Messina

Nino Alibrandi si rivolge a tutti gli attori protagonisti del territorio, Università, scuole, politica e istituzioni: «È un momento storico decisivo, non sprechiamolo»

Antonino Alibrandi

Un Congresso diverso dagli altri. Lo immagina così il segretario generale della Cisl di Messina Antonino Alibrandi, una di quelle occasioni che, oltre a rappresentare un momento di confronto prezioso tra sindacato e territorio, diventi anche luogo, simbolico e concreto, di ripartenza.

Lo avete definito il Congresso del lavoro, dello sviluppo, della partecipazione sociale e dell’attenzione agli “ultimi”.
«Sì, è questo il messaggio che vogliamo dare. Un messaggio di positività, dopo il lungo periodo della pandemia, che ribalti la logica negativa e rassegnata che coltiviamo troppo spesso qui in Sicilia e a Messina in particolare. L’emergenza Covid è stata drammatica ma ci ha dato anche un’opportunità storica, che è quella legata al Piano nazionale di ripresa e resilienza. Il Pnrr è uno strumento decisivo ma ora dobbiamo dimostrare di saperlo utilizzare. Dobbiamo avere capacità di spesa ma anche quella progettualità che sia in grado di creare dagli investimenti del Pnrr condizioni di sviluppo e di patrimonio reddituale per il futuro. Altrimenti rischiamo soltanto di creare altri debiti, che si scaricheranno poi sulle generazioni a venire. Ecco perché, come Cisl, lanceremo la proposta di un vero “Patto sociale per Messina”, con tutti gli attori in campo, l’Università, la Scuola, la politica, le altre organizzazioni sindacali. Un Patto che miri alla responsabilità e alla coesione».
Un Patto fondato su quali basi? Su quali scelte concrete?
«I progetti sono il discrimine. Noi chiediamo l’impegno comune per il recupero di tutte le aree dismesse, da quelle ferroviarie alle ospedaliere e alle zone degradate, come le baraccopoli di Messina o le aree della Falce. Consumo di suolo zero e riqualificazione di tutto ciò che è possibile. Innovazione tecnologica e digitalizzazione. Riconversione “green” delle aree industriali. La transizione ecologica è un obbligo, siamo in cammino verso il 2050 ma molte delle scelte future dobbiamo compierle ora, e difenderle fino in fondo. Penso alle questioni industriali e ambientali nella zona di Milazzo e della valle del Mela. Lì dobbiamo fare un’operazione verità, non ridurre semplicemente la vertenza sul piano solo occupazionale (che per noi è, comunque, imprescindibile) ma “blindare” i grandi gruppi che sono presenti, o che dovessero arrivare, sui nostri territori e capire davvero se cercano facili giustificazioni o se sono pronti a investire ulteriormente. Per capire la buona fede di un’azienda, devi rimuovere tutti quegli ostacoli che possono servire da alibi, e consentirle di pianificare gli interventi in tempo reale, come accade nel resto d’Europa. Non come facciamo qui, e penso al caso dell’impianto A2A...».
Il capitolo infrastrutturale resta, purtroppo, uno dei pesanti nodi irrisolti, che rischia di bloccare ogni ipotesi di sviluppo dell’area dello Stretto e del suo territorio metropolitano.
«Nella mia relazione al Congresso lo ribadisco con forza: senza il Ponte non si può parlare di rilancio infrastrutturale. Il Ponte è l’unica opera che, a catena, si tira tutte le altre infrastrutture. È un’opera strategica, un’opera europea, un’opera indispensabile per il Sud. Non c’è Alta velocità ferroviaria, non c’è continuità territoriale, senza il Ponte. E noi, come sindacato, chiediamo al Governo e alla politica di non perdere più tempo».
Ma è quello che il Governo e la politica stanno proprio facendo: perdere tempo...
«L’interlocuzione della Cisl non si ferma al nostro territorio, quella infrastrutturale è una priorità del sindacato nazionale. E non ci riferiamo esclusivamente al Ponte, ma anche a tutti gli altri investimenti, sulla portualità e sulle reti ferroviarie, stradali e autostradali. Le Zone economiche speciali sono un’opportunità da non sprecare, anche in questo caso bisogna saper utilizzare i fondi, e le agevolazioni concesse, perché altrimenti le cose non cambieranno, non ci saranno aziende che verranno a investire».
Gli slogan, purtroppo, non riescono a fermare la desertificazione produttiva e lo spopolamento. Alle cifre e tendenze attuali, nel 2050 Messina rischia di essere solo un piccolo sobborgo...
«La sfida che lanciamo è proprio questa. Non a caso, durante il Congresso, abbiamo previsto spazi dove sono protagonisti i nostri studenti, come gli allievi dell’Istituto Antonello e dell’Industriale Verona Trento. Le tendenze non si invertono continuando a piangerci addosso, ma creando una rete, un sistema che trasformi i problemi in risorse, che faccia tornare le nostre intelligenze andate altrove, che formi qui, sul territorio, tutte le competenze necessarie alle richieste attuali e future di un mondo che continua a cambiare in modo vertiginoso. Ecco perché noi proponiamo questo Patto sociale e crediamo che i primi attori protagonisti debbano essere proprio la Scuola e l’Università».
Chi sono gli “ultimi” per la Cisl?
«Questo è l’altro punto cruciale del nostro Congresso e dell’impegno che porteremo avanti nei prossimi anni. Gli “ultimi” sono le categorie sociali, e le persone, sprofondate nella povertà. “Ultimi” sono anche i lavoratori a rischio e i disoccupati. Dobbiamo distinguere la questione degli ammortizzatori sociali dall’assistenzialismo. Riteniamo che il Reddito di cittadinanza abbia avuto, e abbia ancora, una funzione importante, ma senza creare occasioni di sviluppo e di lavoro, perde ogni significato. Dobbiamo spezzare i circuiti della povertà e della dipendenza dal bisogno, non alimentarli».
I rapporti con le altre organizzazioni confederali?
«Chiarisco subito un concetto: l’unità sindacale si fonda sulla diversità e sulla unicità, che non sono un limite, ma un arricchimento. Ci siamo trovati in disaccordo con Cgil e Uil, sullo sciopero nazionale, su altre vicende riguardanti il territorio, ma questo non vuol dire che mettiamo in discussione il principio sul quale si basa l’unità confederale».
L’appello al Patto sociale per Messina cade, però, in quello che si preannunzia come un lungo periodo di campagna elettorale.
«Noi come sindacato non possiamo impelagarci nelle diatribe pre-elettorali. Massima attenzione e vigilanza ma dobbiamo essere capaci di volare più alto. E interloquire con chiunque sarà alla guida della città o della regione».
Il giudizio sulla Giunta Musumeci?
«È stata una fase difficilissima, quella vissuta dal 2020 a oggi, e non è una scusa, ma un dato di fatto. Certo, ci aspettavamo molte risposte che da Palermo non sono mai arrivate, a cominciare da quelle riguardanti gli impianti per la gestione del ciclo dei rifiuti».
E sulla Giunta De Luca?
«Siamo stati definiti il sindacato “amico” di De Luca solo perché non abbiamo abbandonato il tavolo del “salva Messina” nel 2018. Io sono stato, giorno e notte, a quel tavolo, assieme all’allora segretario generale Tonino Genovese. Abbiamo messo in cima alle priorità la tutela occupazionale, c’erano 350 posti di lavoro in ballo. Noi di quello abbiamo discusso. E oggi siamo orgogliosi di averlo fatto. Quando un’azienda come l’Atm, sgravata dal peso dei debiti, è riuscita ad assumere 180 giovani, non dobbiamo esserne felici e orgogliosi? E lo stesso vale anche per la Messina Servizi o per la Social City. Ci sono anche tante cose sulle quali non ci siamo trovati d’accordo con l’attuale Amministrazione. La nostra interlocuzione, con chiunque, è sempre rivolta al bene comune, non abbiamo pre-giudizi, noi siamo il sindacato, non abbiamo “nemici” o “amici” politici. Ci possono non piacere il metodo e il modo d’azione di un amministratore, ma noi dobbiamo discutere con lui, non siamo noi a scegliere sindaci o governatori, sono gli elettori. Noi chiediamo oggi un Patto sociale, indipendentemente dal colore politico di chi si troverà a governare la Sicilia, il Comune e la Città metropolitana di Messina».

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