Da dipendente a imprenditore il passo è stato coraggioso. Nel 2007 Gaetano La Rosa, classe 1976, ha deciso di lasciare un ruolo prestigioso in una realtà internazionale con sede a Milano per avviare un progetto che aveva in mente da sempre: la propria azienda. Un vero laboratorio sfociato poi in “Extraordy”, la formazione ufficiale “Red Hat”, che conta ben 40 professionisti pronti a servire banche, assicurazioni, aziende attive nel campo delle telecomunicazioni e farmaceutiche. E storia recente è l'evoluzione dell'avventura imprenditoriale, che ha radici e cuore messinesi, con il focus sempre chiaro sulla mission: “Condividere conoscenza”. Che lo ha portato ad accettare la recente sfida di acquisizione proposta da “Project Informatica”, player di riferimento nell'ambito della “Information Technology”, in Italia con oltre 300 milioni di euro di fatturato, e dal fondo d'investimento americano “H.I.G. Capital”. Oggi, il giovane imprenditore collabora con parecchie Università italiane, tra cui quella di Messina, dove è professore a contratto, traguardo che considera un bellissimo modo per restituire qualcosa alla terra natìa dopo i grandi successi ottenuti in tutto il Mondo. È una storia che raccontiamo in dialogo con il protagonista.
Dopo gli studi al “Verona Trento” ha fatto i bagagli. Direzione Milano, dove si è iscritto al Politecnico per studiare ingegneria. Come è stato attirato dalla tecnologia e dal mondo informatico?
«Sono sempre stato un appassionato di tecnologia, fin da bambino. Smontavo le parti elettriche dei giocattoli, costruivo le antenne dei miei walkie talkie con fil di ferro riciclato. Preferivo i cacciavite di papà ai puzzle, con una buona dose di preoccupazione dei miei genitori che mi vedevano maneggiare, così piccolo, un attrezzo che doveva essere utilizzato con molta attenzione. Ho incontrato il primo computer a 8 anni a casa di un compagno delle elementari. Era il Commodore VIC20 del fratello. Ricordo bene quel momento e tutti i dettagli della stanza dove ci trovavamo. Fu amore a prima vista. Quella scatola di plastica magica con tutti quei tasti collegata al televisore era in grado di far sognare me e i miei amici, con quei giochi super colorati ed avvincenti per la nostra età. Da quel momento feci di tutto per convincere i miei genitori a regalarmene uno uguale. Quel Natale il mio regalo fu proprio un Commodore 64. Averlo tutto per me mi mandò in estasi. Mi svegliavo alle 6 del mattino per accendere il computer e giocare. Il bello dei computer dell'epoca era che ti facevano sentire un piccolo programmatore: per avviare il gioco dovevi utilizzare la “linea dei comandi”, non come oggi dove basta un tocco quasi inconsapevole per far partire il gioco».
Una vera palestra per un futuro informatico, perché subito si è reso conto che poteva far ben altro con il suo Commodore 64 , come imparare a programmare...
«Non esisteva l'online e il modo migliore per ottenere informazioni era l'edicola sotto casa. Ed ecco la soluzione: il corso "Video Basic" della Jackson Libri. La prima volta che vidi internet è stato nel 1994 a casa di un amico, che sarebbe diventato uno dei miei mentori. Non mi è stato chiaro subito di cosa si trattasse, ma il concetto di una rete globale non è arrivato subito così forte e chiaro. Poi però con i primi concetti di servizi di comunicazione tramite internet, le email e i primi siti web l’idea prendeva forma».
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