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Case basse, il Paradiso... perduto di Messina

Le vecchie immagini di un grande fotografo del 900, Aldo Pintaldi, dimostrano cos’erano e cosa sono oggi quelle aree: va salvaguardata solo la Casa museo di Maria Costa, il resto è da demolire

Tra i più valenti fotografi che hanno operato a Messina nella seconda metà del ˈ900 vi è Aldo Pintaldi (1929-2013). Mi è, di recente, capitato di guardare alcune sue stampe fotografiche del 1965. Gli scatti sono stati realizzati dallo spazio di “villa Luce”, lì dove insisteva la prestigiosa residenza della famiglia Costarelli progettata, negli ultimi scorci dell’ˈ800, dall’architetto Leone Savoia.

Le immagini raffigurano il tratto di litorale che si svolge dalla foce del torrente Annunziata fino alla sede della associazione Motonautica. Si distingue, al margine destro delle foto, il pianoro – oggi titolato ad Albert Sabin – che si andava allora formando con lo sterro delle fondazioni delle tante palazzine che andavano costellando in quegli anni le prime colline della Panoramica dello Stretto. La qualificazione della spianata prese subito dopo avvio con la messa a dimora di centinaia di alberi. Molti i cipressi e gli eucalipti che le mareggiate avrebbero in parte eroso e portato via nei decenni successivi.

Nel 1968, per iniziativa del dinamico giostraio Eugenio Vanfiore, vi venne inaugurato il Baby Park, il primo parco storico permanente della Sicilia, che ospitò le infanzie messinesi di quattro decenni. Nelle foto di Pintaldi appaiono anche una trentina di barche, delle lance “paciote” tirate a secco sull’arenile a riparo delle mareggiate e alcune casette, una, al centro, di dimensioni più grande. In basso è visibile l’impianto del rifornimento di benzina della Shell con la pittoresca conchiglia come insegna pubblicitaria, le colonnine e il casotto a vetri del benzinaio.

Ė l’inizio della via Consolare Pompea. Un particolare incuriosisce: non vi è, nella scena della fotografia, una significativa traccia del “secolare” borgo di pescatori, quello delle “Case basse”, così chiamate perché poggiate sull’arenile ad un livello ben più basso della massicciata. Lo si cerca quel borgo ma la spiaggia è priva di caseggiati e ciò parrebbe un enigma.

Dove sono le vecchie abitazioni marinare? Percorrendo oggi il piccolo rione si nota come siano poche le case giudicabili secolari. La massima parte si riduce a un disordinato agglomerato di modeste abitazioni fondate molto più di recente, dagli anni ’70 in poi, su terreno demaniale.

In questa marina ha vissuto Maria Costa, poetessa dai toni vibranti, ultima custode dell’anima marinara della città. Qui insiste, segnata da memorie e da documenti, la sua abitazione adibita a Casa Museo e a Centro studi. Ambedue le strutture vanno protette e sostenute le iniziative culturali di cui sono promotrici. Anche per Maria Costa sarebbe bene riqualificare questa prima spiaggia di Paradiso, tra i più suggestivi “fronte a mare” dello Stretto, salvaguardando soltanto le poche case veramente “antiche”, quelle dei pescatori. Conservarne pure la memoria che è quella della salsedine, dello scirocco, delle “calmarie”, delle burrasche, del “mare lungo” e delle secolari tradizioni marinare.

Recuperarne anche il “genius loci” badando soprattutto – per quanto qui ci riguarda – di non avallarne tuttavia le precarietà abitative. Le fotografie di Aldo Pintaldi permettono infatti di comparare lo stato di quei luoghi negli anni ’60 con lo stato di quegli stessi luoghi come appaiono oggi, con il rischio di dovere aggiungere una nuova pagina al datato tema messinese della “baraccologia”. Una strana e gravosa parola questa, divenuta oramai oggetto di studio e pure argomento di tesi di laurea: una sorta di stigma, marchio, dal quale Messina cerca con difficoltà e da tempo di liberarsi.

Carmelo Micalizzi

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