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C'è un messinese ai posti di vertice nella lotta al Covid. Chi è Francesco Salvo

L’Agenzia del farmaco francese lo ha nominato coordinatore del centro referente per la sicurezza del vaccino Pfizer-BioNTech in patria.

C’è un messinese ai posti di vertice della lotta contro la pandemia mondiale. Francesco Salvo, 43enne, originario di Villafranca Tirrena, oggi è professore associato di Farmacologia alla facoltà di Medicina dell’Università di Bordeaux e direttore del Centro di farmacovigilanza di Bordeaux. In virtù di queste due importanti funzioni istituzionali, l’Agenzia del farmaco francese lo ha nominato coordinatore del centro referente per la sicurezza del vaccino Pfizer-BioNTech in patria.

Legato alle sue radici ma motivato da una grande fame di conoscenza e ambizione professionale, Francesco Salvo vive da tempo in Francia – costruendo famiglia e apprestandosi alla doppia cittadinanza – ponendo le basi per una carriera di prestigio. Dalla lotta al Covid alle teorie “novax” alle varianti, Francesco Salvo, in questa intervista rilasciata alla Gazzetta, rivolge un appello ai lettori: «Dobbiamo sconfiggere la pandemia. Il vaccino è l’arma principale, la più efficace».

La terza dose, già annunciata per i soggetti immunodepressi, verrà estesa a tutti?
«Presto per dirlo, con le varianti in atto potrebbe essere scongiurata, in relazione al calo dei contagi previsto. In questo momento è prevista la terza dose anche per chi rischia un’ospedalizzazione grave. La cosa più importante, vorrei dirlo subito, è vaccinare chi ha scelto di restare a guardare lo sviluppo degli eventi e convincere chi ha deciso di opporsi».

Pochi giorni fa il vaccino Pfizer- BioNTech ha concluso la sua fase sperimentale. Cosa significa?
«Da un punto di vista pratico, non granché. Il farmaco aveva fatto una sperimentazione molto importante, con 30mila persone trattate e i dati clinici presentati erano rassicuranti. Dopo la sua approvazione, il farmaco aveva tutti i criteri per l’uso su larghissima scala».

Una delle ultime teorie novax darebbe la colpa dello sviluppo delle varianti proprio alla massiccia diffusione dei vaccini. Cosa ne pensa?
«Tutte le varianti, in particolare in un contesto pandemico, sono dovute alla circolazione del virus, alla sua diffusione su larga scala. Per questo caldeggiamo le misure di distanziamento sociale e le precauzioni sanitarie. Basta una semplice informazione a smentire questa menzogna: la variante inglese si è sviluppata prima del vaccino».

Perché tanta resistenza alla vaccinazione?
«Guardi, posso anche capire una certa riluttanza verso una nuova tecnologia medica. Ma sono comportamenti egoistici, privi di empatia e non guardano al futuro. Dobbiamo sconfiggere la pandemia e il vaccino resta l’arma principale».

Come si potrebbe ribaltare questa polarizzazione?
«La parola chiave è fiducia. Ai novax abbiamo presentato dati chiavi e indiscutibili, sono disponibili e consultabili liberamente ma è necessario ricostruire la fiducia nelle istituzioni a livello mondiale. È necessario comprendere che in soli due anni c’è stata un’evoluzione farmacologica importante, oserei dire eccitante, questo è un virus nuovo ma noi abbiamo le armi scientifiche per difenderci, a partire dal vaccino rna di cui si parlava da vent’anni. Oggi è realtà».

Anche lei, come tanti studiosi, è stato attaccato dagli haters?
«Ahimè, è successo. Pensi, ho scelto di specializzarmi proprio nello studio delle reazioni avverse dai farmaci e da oltre vent’anni studio in modo indipendente, senza alcun rapporto con le aziende farmaceutiche. Eppure, per il mio ruolo, sono stato accusato sui social in modo violento».

Anni fa lei è andato via da Messina? Rimpianti?
«Nessuno. E mi lasci dire, nessuna acredine. Ho inseguito il sogno della ricerca e per farlo ho lasciato la città, in Francia sono stato accolto e si sono aperte possibilità professionali importanti. La ricerca scientifica oggi corre veloce ma impone di seguire le dinamiche del libero mercato. Il mondo è vasto, bisogna essere pronti a spiccare il salto».

Tornerebbe a casa?
«Sono sempre in contatto con le istituzioni italiane e i miei colleghi italiani e torno a Villafranca appena possibile, fra i miei affetti. Ma oggi la mia vita è in Francia e ne sono felice».

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