Per il secondo anno consecutivo sarà una Pasqua senza riti, che non vedrà sulle nostre strade la storica processione delle Varette o Barette. La processione del venerdì santo - esempio di intenso “teatro mobile “della Pasqua messinese - ha origini antiche: a quanto pare, secondo i recenti studi dello studioso S. Catalioto, risalirebbero ai primi del XVI sec., cioè un secolo prima di quanto gli storici hanno finora stabilito (1610).
A tale proposito, ricostruiamo alcune tappe storiche di questo rito, simbolo dei “Misteri” messinesi, attraverso la stampa locale. Pasquale Salvatore, poeta e cultore della memoria storica messinese, il 27 marzo 1948 (“Gazzettino Peloritano”; anche in S. Palumbo, Gazzetta del Sud, 9 aprile 1998), osservava come le statue apparissero “raccogliticce”, ma, al contempo, “vivificano una tradizione e alimentano il patrimonio interiore dei fedeli. E rievocano tempi di pace…”. Riprendendo il Samperi, lo studioso descrive la Processione “con statue di tutto rilievo, rappresentanti la Passione di Cristo, la quale uscì di notte (verso le 21) dall’Oratorio di detta Compagnia, con strumenti rumoreggianti, e fece il giro per le primarie strade della città”.
Lo studioso osservava come tra la “marea dei devoti”, all’epoca partecipavano anche i frati di S. Domenico con la maretta della Santa Spina e la reliquia della S. Croce. Fu dal 1801 che la processione passò dal giovedì al venerdì santo, e vedeva la partecipazione anche di una compagnia di soldati dell’esercito borbonico con la banda, sostituiti dal 1867 dalla Guardia civica. I vigili seguivano le Varette accanto alla “Biancuzze”, le fanciulle del Conservatorio di S. Caterina dalla candida veste. Salvatore ricorda anche il ruolo dei modellatori di figure di cera, che realizzavano opere pregevoli ispirate alla Passione, tra cui Matteo Rossello (a cui si deve la settecentesca opera dedicata a Gesù che cade sotto il peso della Croce) e Matteo Mancuso (autore nel 1846 di un Cena “pregevole”).
Nel marzo 1959 la “Gazzetta del Sud” - che pubblica un paginone curato da p. Giacomo Mondello (parroco della chiesa della Pace) che descrive tutte gli 11 gruppi statuari - annuncia che quell’anno veniva aggiunto il gruppo del “Cinereo che aiuta Gesù a portare la Croce”, realizzata dalla SantiFilier di Bolzano, donato dalla Società mutua parrucchieri presieduta dal cav. Emanuele Puglisi.
Interessante notare alcune variazioni del percorso. Nell’aprile 1960, l’itinerario comprendeva anche via N. Bixio, viale S. Martino, via Cannizzaro, via Cavour e “per via dei Librai rientrerà in chiesa”, con al seguito anche il baldacchino che sovrastava la sacra reliquia della Croce di Gesù, sorretto dai nobili Confrati della Arciconfraternita della Pace-Bianchi. Per la Pasqua del 1967, la processione, partita dalla chiesa della Pace, passò anche da via Consolato del Mare e Colombo fino a piazza Duomo, “per dar modo l’inserimento del clero del Capitolo e dell’Arcivescovo Mons. Francesco Fasola”. Quindi le Barette proseguirono per “via Cavour, via Tommaso Cannizzaro, via Garibaldi, via Primo Settembre e quindi nuovamente in piazza Duomo”, dove si svolgeva la funzione conclusiva. Nel 1971 la processione si concluse in piazza Duomo con la benedizione della reliquia del santo legno della Croce.
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