Autentico simbolo gastronomico della Pasqua messinese è sicuramente “u ciusceddu”, piatto rituale della nostra tradizione gastronomica. Vogliamo precisare subito che - come dimostrano non pochi riferimenti storici - si tratta, in forma originaria, di una zuppa, e non di uno sformato, come alcuni ritengono, probabilmente facendo riferimento a elaborazioni culinarie creatasi col tempo. Ad esempio, il gastronomo Berengario Stagno D’Alcontres, insieme al “ciusceddu” di origine popolare, fa riferimento al “suscello” della cucina aristocratica, in forma di soufflé da cucinare in forno. Nelle nostre ricerche abbiamo individuato alcuni riferimenti storici riguardanti l’origine di questo gustoso piatto di carne. Il nostro ciusceddu risale ad epoca lontana; è presente, per esempio, nel noto Vocabolario Siciliano settecentesco del Pasqualino: “È una sorta di vivanda fatta d’uova, cacio e pane grattucciato cotti nel brodo”, spiega il Pasqualino, per il quale il termine ciusceddu potrebbe derivare dal latino tardo juscellum (intingolo, brodo di ossi). Secondo Vincenzo Mortillaro (Nuovo dizionario siciliano-italiano, Palermo, 1847), il ciusceddu è “vivanda brodosa composta di pane grattato con intriso di uova dibattute, prezzemolo ed aromi, tutto pria mestato, e poi bollito in brodo di carne o in acqua con un poco di strutto”. La compianta Maria Costa ci ricordava che s’usava un tempo completare la cottura ponendo sopra il coperchio della casseruola della brace, mantenendo sempre vivo il fuoco, e soffiando costantemente, nell’atto di “ciusciari” sopra, quindi. A proposito dell’uso delle polpettine nel ciusceddu, possiamo ipotizzare che l’uso nella cucina peloritana di polpettine di carne (i pallini in brodo), possa derivare proprio da questo antico piatto.
La ricetta del "ciusceddu"
Ma ecco, del ciusceddu, una genuina ricetta di famiglia. Per quattro persone: 300 grammi di carne bovina magra tritata; 1 chilo circa di ossi di vitello; 250 grammi di ricotta fresca e morbida; 6 uova; 100 grammi di pangrattato; 50 grammi di formaggio piccante grattugiato; 50 grammi di parmigiano grattugiato; 2-3 pomodori maturi (un tempo, quando i pomodori freschi a Pasqua non c’erano, alcuni pomodori a scocca); 1 cipolla; sedano; prezzemolo; sale; pepe nero macinato.
La preparazione
Far bollire gli ossi in acqua poco salata, con i pomodori a spicchi, la cipolla a grosse fette, del sedano. Attendere che il brodo si restringa abbastanza, colarlo e lasciarlo da parte in casseruola. Mettere insieme la carne tritata, il pangrattato, il formaggio piccante, due uova (bianchi e rossi), del prezzemolo sminuzzato, sale e pepe. Amalgamare il tutto con le mani inumidite e formare polpettine grosse come noci. Portare il brodo ad ebollizione, calarvi una ad una le polpettine, far cuocere a fuoco moderato. Sbattere ben bene le quattro uova rimaste (bianchi e rossi), aggiungere pepe e sale. Attendere che il brodo si restringa fino a superare di un dito circa il livello delle polpette, e versarvi le uova sbattute. Coprire la casseruola, e lasciare che le uova si aggrumino. Quindi calare nel brodo la ricotta, spargervi il parmigiano e rimestare lievemente. Togliere dal fuoco dopo cinque minuti. Portarlo a tavola fumante, e consumarlo, se si vuole, insieme con dei crostini. Crostini che in passato altro non erano che fette di pane raffermo abbrustolite sulla brace.