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Pietro Bellinghieri, il viceconsole messinese che a 33 anni rappresenta gli italiani negli Usa

Pietro Bellinghieri

Sarà stata l'abitudine ai viaggi intercontinentali, quell'inglese masticato fin dalle elementari all'Inlingua, il padre docente universitario impegnato in congressi internazionali, ma Pietro Bellinghieri, il mondo come orizzonte, l'ha avuto sempre dentro. Il suo volo di sola andata dello scorso dicembre a Los Angeles negli Stati Uniti, è stato il più significativo, lo ha portato a ricoprire il ruolo prestigioso di viceconsole italiano. Il primo incarico all'estero, questo, per il giovane talentuoso e brillante messinese, dopo un percorso lastricato di volontà e concentrazione sull'obiettivo da raggiungere. Oggi a 33 anni, oltre ad essere il “numero due” al Consolato generale d'Italia, è il capo dell'Ufficio amministrativo-contabile nella sede californiana. Dalla postazione al dodicesimo piano di un bel palazzo, svolge i suoi compiti di coordinatore dell'Ufficio amministrativo-contabile (rapporti economici dei contratti, rapporti con le banche) e dei Servizi consolari verso i connazionali (passaporti, visti, servizi notarili, di stato civile). Un intenso impegno, operativo e di responsabilità, ancor di più in questo periodo di pandemia, durante il quale il Consolato ha assistito alacremente i connazionali. Se questa è l'ultima tappa del cammino di Pietro Bellinghieri, l'inizio parte da Messina: liceo al Collegio S. Ignazio, laurea in Giurisprudenza, pratica forense. Ma Messina è anche sport (pratica diverse discipline anche a livello agonistico); impegno in associazioni studentesche, in ambito di volontariato e anche artistico, è stato infatti anche attore e co-sceneggiatore nel cortometraggio “Una notte come questa”, del regista Francesco Calogero.

Ha conseguito il master Five Stars in Hotel Management della Luiss Business School di Roma, relativo al management degli alberghi di lusso ma poi ha superato il concorso della Farnesina e così si è avverato il suo sogno. Ha cominciato come funzionario amministrativo contabile e consolare, si è trasferito a Roma, in un casa nei pressi della fontana di Trevi. Poi, Los Angeles, dove lo abbiamo sentito per una rapida intervista.
Che bilancio fa di questa prima fase del suo incarico?
«È stato un lavoro intenso. Con le indicazioni del console generale, gestisco il personale di una struttura composta da una ventina di persone. Il Consolato a Los Angeles non è grandissimo e si opera bene; ho imparato molto anche in questo periodo eccezionale di pandemia, in cui abbiamo assistito più di 500 connazionali, di cui alcuni dovevano espatriare».

L'articolo completo sulla Gazzetta del Sud, edizione di Messina

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