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Durante l'ennessimo giorno di isolamento non posso fare altro che pensare alla parola "imprevedibilità". L'imprevedibilità è un concetto che nella mia vita si è palesato più volte, anche ora, durante questo lockdown.
Oggi, inevitabilmente, mi chiedo come sia possibile il fatto che fino a ieri droni volanti, barche e macchine ci comandavano di rimanere a casa, e , 24 ore dopo, ci sia concesso di poter andare in libreria e nei negozi di abbigliamento per neonati e bambini.
Probabilmente, il mio non essere totalmente d'accordo con la riapertura delle attività citate, è dovuto ad una scarsa fiducia nei confronti del modus operandi di alcune persone, che hanno sfruttato la loro "ora d'aria" per andare a comprare un libro (che probabilmente mai leggeranno) o una magliettina taglia L bambino (che probabilmente indosseranno loro).
Il mio scetticismo si propaga di giorno in giorno, questo è risaputo, ma anche volendo cercare notizie che possano confutare il mio disaccordo, trovo sul web un duello all'ultimo tweet tra "chiudituttisti integralisti e semi-integralisti".
Provo a darmi pace ed aspettare, sperando che queste piccole concessioni non comportino una ricaduta, proprio ora che i numeri ci danno un po' di sollievo. Oltre al gioco "Ditemi un frutto senza A", sul web circola la frase un po' malinconica "Siamo stati i primi ad essere colpiti dal virus, ma saremo anche gli ultimi ad uscirne".
Così, iniziamo a vedere i primi prototipi di "barriere" in pexiglas per i lidi e per i ristoranti, che ci permetteranno (forse), di avere l'illusione di riprendere in mano la nostra vita durante i prossimi mesi. Non riesco ad immaginare il mondo di qui a un mese, troppo imprevedibile. Non riesco ad immaginare un'estate senza mare, ma posso inizare a farlo se non prenderò in mano i libri per questa sessione d'esami. Ora, però, riesco ad immaginare il mio pomeriggio, in compagnia dei libri e degli appunti di Antropologia. Spero di non divertirmi troppo, altrimenti cosa mi resta per i prossimi giorni?
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