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La guerra, l'alluvione e l'amore per la Juventus: a Messina i 100 anni di nonno Placido

Nato a Giampilieri cento anni fa e nello stesso villaggio della zona Sud, ieri Placido Rizzo ha spento le candeline. In mezzo il fascismo, gli incidenti sul lavoro, l’alluvione, il lutto per la perdita dell’amata moglie, tante altre vicissitudini di vita: mai avrebbe pensato di dovere arrivare a questo traguardo in stato di quasi isolamento, volontario, per evitare contagi da coronavirus.

Figlio di Pietro e Angelina e minore di tre figli, la vita tortuosa di nonno Placidino inizia da giovane quando parte per la Leva e si trova coinvolto nel secondo conflitto mondiale, spedito sul fronte Jugoslavo come artigliere. Ferito alla testa, ha passato diversi mesi ricoverato a Fiume.

Tornato in azione, a seguito del cambio di rotta italiano viene fatto prigioniero dai tedeschi che lo conducono in un campo di concentramento vicino Amburgo. Vi resterà due anni. Liberato dagli inglesi nel 1945 torna, dopo mille peripezie torna a casa, a Giampilieri, dove tutti lo davano per morto.

Conosce Lidia (Lina per tutti) che diventa l'amore della sua vita: la sposa nel 1953. Insieme avranno tre figli: Angela, Maria e Pietro. Per portare avanti la famiglia si catapulta in svariati lavori: agricoltore, operaio, barista e infine bidello. Nel 2009 a causa della grave alluvione che ha colpito la zona ionica della provincia di Messina, viene portato via con la moglie dalla Giampilieri evacuata, ma il suo desiderio di tornare a casa è forte e dopo qualche mese viene esaudito.

Tifoso sfegato della Juventus, che ama da quando aveva 6 anni tanto da conoscere a memoria la mitica formazione del quinquennio '30-'35. Una passione che segue tutt'oggi, come dimostrano i poster appesi sui muri della sua abitazione. Oggi vive in serenità, aiutato dalla brava Toma che non gli fa mancare mai nulla. La sua amata Lina non c'è più da quasi cinque anni, ma l'affetto di figli e nipoti non lo fa sentire mai solo. Nemmeno in questo momento così delicato.

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