La nostra grande santa, Eustochia, nata il 25 marzo del 1434, canonizzata da Papa Giovanni Paolo II nel giugno 1988, si salvò dall'epidemia di peste e pregò per la città per fermare il morbo che colpì Messina. Ci riferiamo alla peste del 1478-79, che colpì anche Eustochia, la quale ritornò in vita, miracolosamente mentre si “comunicava”, ricevendo la comunione, come racconta la “Leggenda”, il libro che venne pubblicato da padre Terrizzi nel 1982. La clarissa aveva contratto il morbo da un operaio che era intento nei lavori della “marrana”, la fabbrica del Monastero. Di questo episodio parla anche il libro “Sorelle” dello scrittore e documentarista Franco Scaglia nel capitolo dedicato alla santa messinese, che rileva come Eustochia curò le monache malate senza preoccuparsi del pericolo che correva a causa della sua debole costituzione. A lei sono attribuiti diversi miracoli e guarigioni, anche attraverso le lacrime, sangue e sudore. Anche il recente volume di Laura Abbate “L'orgoglio dei Calafato”, intensa biografia romanzata della vita della santa, fa riferimento a questo episodio. Altra fonte è “La Vita della Beata Eustochia. Traduzione dal volgare (sec.XV)” curata nel 2009 da Rosa Gazzara Siciliano, biografa della santa. Il libro raccoglie la traduzione dei testi di suor Jacoba Pollicino, la compagna fedele di Eustochia, “Prima lettera e Vita della Beata Eustochia.Seconda lettera di suor Jacoba Pollicino”. Il testo racconta: «Sentendosi tanto male, prese la comunione per opera di Dio; e tale fu la sua consolazione, da non avvertire più l'infinita sofferenza che prima la trafiggeva; e dava l'impressione che ritornasse dal Paradiso». La mistica si adoperò con le preghiere costanti per creare una “comunione spirituale «ed evocare la guarigione, per la città e per la comunità religiosa cittadina». «Et essendo tutti li monasteri pieni di pestilenza, essa devotamente facea orazione che non passasse la peste al suo monastero, per lo amore che portava a le sue figliole. Et stando in orazione, fo facta in extasi». Entrando in estasi, pare che avesse avuto in visione la certezza che era la sua preghiera che fermava la morte. Da quel momento si vuole che Eustochia sudasse nel corpo, nel periodo delle stimmate, e avesse le mani profumate. Messina fu colpita alla peste anche nel marzo 1482: a Montevergine furono colpite solo sedici suore sulle sessanta, tra cui la madre di Eustochia. Altra vittima fu la badessa del monastero di Basicò. In questo contesto, bisogna ricordare un'altra figura religiosa che si impegnò durante un'altra epidemia, il colera del 1887: Francesco Maria Di Francia, fratello di Annibale, fondatore delle Suore Cappuccine del Sacro Cuore, nominato di recente Venerabile, che durante l'epidemia decise di entrare nel lazzaretto cittadino a prendersi cura degli ammalati. Storie che oggi possono contribuire ad affrontare l'emergenza coronavirus con uno sguardo al passato, alla fede che ha rappresentato un approdo di conforto per chi ha lottato contro l'epidemia. Come Sant'Eustochia che non si tirò indietro di fronte al pericolo di curare le altre suore, considerando i rischi personali meno importanti dell'esigenza di assistere le ammalate nel solco della solidarietà e del conforto.