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È messinese il calligrafo di Papa Francesco: "Sono un umile amanuense"

Antonino Enea

A Roma da dicembre chi doveva lavorare al documento sulla fratellanza è stato invitato a mantenere il massimo riserbo e tra i testimoni del tempo e della storia che si sarebbe rivelata in mondovisione, c'è stato proprio un calligrafo messinese, Antonino Enea. Una bella dote scrivere capolavori, anche se il nostro concittadino non si sente una persona speciale ma piuttosto “un umile amanuense”: «Messina – racconta Antonino – è la città in cui sono nato e da cui sono andato via in fasce. Ogni estate è sempre stata una tappa fissa e i miei genitori a casa parlavano sempre dialetto. Il loro era un legame viscerale e infatti ci hanno fatto ritorno appena hanno potuto e con loro i miei fratelli che ci vivono ancora».

Giovanni e Giuseppina, rispettivamente di Tremestieri e di Larderia, hanno vissuto per 30 anni nella capitale e il loro figlio è stato l' unico a rimanerci: «Pensate a Piazza San Pietro andavo a giocarci da bambino. Ho frequentato il liceo artistico e poi l' accademia delle Belle Arti e ricordo che ho avuto la possibilità di partecipare a questo concorso su presentazione e sono stato scelto».

Una possibilità che alla fine degli anni ‘70 sembrava quasi una missione da poveri illusi per il padre di Antonino, che inizialmente invece di tifare ha redarguito il figlio invitandolo a pensare alle cose serie: «I miei sono stati orgogliosi e lo sarebbero anche ora. Le soddisfazioni sono state tante. Questo documento molto elegante, che è stato volutamente scritto in italiano, per me è un avvenimento speciale e devo dire che mentre umilmente scrivevo questa dichiarazione segreta e si lavorava in sinergia con il calligrafo arabo pregustavo il momento che si è visto. Le tre copie sono andate nelle varie rappresentanze: l' Università di Al Azhar, il principe degli Emirati Arabi, e il Vaticano. Quindi di fatto in tutto erano sei, tre in arabo e tre in italiano».

Un lavoro impegnativo quello del nostro concittadino perché l' 80% dei documenti vengono scritti a mano: «Quando il Papa è andato a Myanmar per il suo viaggio apostolico il dono che è stato offerto alla massima autorità locale l’ho preparato io. La stesura delle beatificazioni ha dato molte soddisfazioni, come quella della nostra Santa Eustochia. E non solo. Ad esempio qualche anno fa mi sono ritrovato ad Assisi e tra i souvenir c’era la copia del documento, che tecnicamente è un breve apostolico, dove veniva riconosciuto San Francesco patrono degli animali. Insomma, qualcosa resa graficamente bene da me riprodotta in tante copie».

Quasi quarant' anni sono passati da quel giugno del 1979 e Antonino, nominato "Cavaliere della Repubblica" nel 2007 ha visto passare ben tre pontificati: «Sono arrivato con Giovanni Paolo II e posso dire che davvero il primo giorno di lavoro mi sono ritrovato ad essere sbattuto in un ufficio del palazzo apostolico dove ci sono parecchie suggestioni, soprattutto con gli affreschi di Raffaello, e solo appena mi sono affacciato ho capito che lavoravo di fronte Piazza San Pietro. Ero emozionato perché sapevo che questo mestiere si tramandava di padre in figlio ».

Un posto "importante" anche per altri motivi. Infatti, fino a poco tempo fa Giovanni Paolo II e Benedetto XVI stavano nello stesso piano dell' ufficio anche se Papa Francesco si è fatto vedere di più : «La figura ovviamente ti mette sempre soggezione e l' ultima volta lo abbiamo incontrato a pasqua e ricordo che era proprio il periodo in cui aveva fatto il selfie con i giovani, così ne ho profittato e ho chiesto a sua santità di farci una foto».

Il momento più bello resta però l'incontro con madre Teresa di Calcutta: «La incontrai in ascensore e andava a trovare Giovanni Paolo II che non stava bene. Allora già trasmetteva un alone di santità. Le dissi tramite il frate che avrei raccontato l' episodio a mia moglie e che mi ricordava mia nonna Maria. Lei ricordo che sorrise e mi ha regalato una manciata di medagliette ovali con l' effige della madonnina». E custodito nei ricordi resterà sempre impresso il momento in cui ha annullato per ben due volte i sigilli che cambiano ad ogni successione: «I nuovi accompagnano sempre i documenti e devo dire che l' abolizione di quello che ha accompagnato Papa Ratzinger mi ha lasciato un velo di malinconia. Ho avuto tra le mani il suo anello e l’ho dovuto rigare come la prassi richiede».

L'articolo sulla Gazzetta del Sud - edizione di Messina in edicola.

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