Dalla sedia a rotelle alla vita: la rinascita di un paziente all’IRCCS Neurolesi di Messina. "Ho ritrovato la mia strada"
Un giorno di ordinaria frenesia per un professionista di 45 anni di Messina si trasformò in un incubo: un ictus ischemico colpì il suo emisfero sinistro, lasciandolo paralizzato sul lato destro del corpo e costretto su una sedia a rotelle. Oggi, quel paziente ha deciso di raccontare la sua storia di rinascita grazie all’IRCCS Neurolesi di Messina, trasformando il dolore in un inno alla vita.
Il suo racconto
Il mio mondo di professionista di 45 anni, prima molto impegnato, con ore frenetiche al lavoro, un giorno si capovolse in un attimo. Un Ictus ischemico per problemi di pressione arteriosa, sovrappeso e valori del sangue alterati, oltre ad un forte stress, mi ha colpito l’emisfero sinistro con conseguente perdita di funzione dell’arto superiore ed inferiore destro. Io sempre molto attivo, all’improvviso avevo un insufficiente controllo del mio tronco, ed ero impossibilitato al raggiungimento della stazione eretta. Non era possibile la deambulazione e avevo bisogno di una totale assistenza nelle attività di vita quotidiana. La diagnosi infausta fu emiparesi arto inferiore e superiore destro. E per la celerità dei miei familiari e dei medici sono ancora tra voi. Passano tre mesi e ora, dopo settimane in ospedale d’estate sono tornato come prima, più forte e consapevole. Un ictus, un nemico silenzioso, mi aveva costretto su una sedia a rotelle, privandomi della libertà di muovermi e di vivere la mia vita come prima. Ogni giorno era una battaglia, un viaggio attraverso l’incertezza e la paura. Ma in quel buio, la luce della speranza brillava ancora. Prima ricoverato per la stabilizzazione delle mie condizioni e i primi esami e controlli allo Stroke del Policlinico di Messina, dopo alcuni giorni sono stato trasferito per le successive cure e la fisioterapia e la logopedia al Centro Ircss Neurolesi, un luogo dove la dedizione, la competenza e la comprensione si intrecciano in un mix efficace per i pazienti. Qui incontro difatti, medici, infermieri, fisioterapisti, logopedisti e Oss, veri angeli custodi del mio cammino. Con pazienza e determinazione, ad esempio i fisioterapisti Massimo Pullia e Katia Cappello mi insegnarono a riscoprire il mio corpo, a riacquistare la forza e la confidenza. Ogni piccolo progresso, ogni passo avanti, sembrava un miracolo, un segno che la vita non era finita, ma stava solo prendendo una nuova direzione. La fisioterapia e la logopedia divennero i miei migliori alleati. I momenti di fatica erano accompagnati da parole di incoraggiamento e sorrisi, e giorno dopo giorno, cominciai a rialzarmi. Ricordo naturalmente l’abbraccio e l’amore di mia moglie che mi ha sempre sostenuto nei momenti più difficili, il calore della mano di mio padre, sempre al mio fianco, l’amorevolezza di mia cognata, infermiera in questo istituto, e l’abbraccio di mia madre morta da due anni che sono sicuro tuttavia mi ha sempre aiutato. La loro fede è stata contagiosa, un’ancora che mi tratteneva alla speranza. La mia storia, non si è fermata qui. Dopo aver affrontato il primo ictus con coraggio e determinazione, un'altra ombra si presentò: un’ischemia che minacciava di rubare anche la mia voce e la mia capacità di comunicare. Sprofondai in un nuovo abisso di frustrazione, la parola che prima fluiva con più facilità ora sembrava un eco lontano, un ricordo sfuggente. Ma come prima, non mi lasciai abbattere. La logopedia divenne il mio faro in questo mare di incertezze. Con la guida di logopedisti esperti e pazienti, in particolare Roberta Mollica, iniziai un nuovo percorso di riabilitazione. Ogni esercizio di articolazione, ogni parola ripetuta con fatica, era un passo verso la riconquista della mia voce. La mia forza di volontà si dimostrò un'alleata potente, alimentata dall’amore e dalla dedizione di chi mi circondava. Un fisioterapista, con la sua umanità, competenza e dedizione, si è distinto in modo particolare: Massimo Pullia, che scelse di rimandare le sue ferie per rimanere al mio fianco, divenendo un simbolo di speranza e perseveranza. La sua presenza costante, il suo incoraggiamento, e la sua pazienza mi aiutarono a superare i momenti di sconforto. A ogni sessione di riabilitazione, il suo sorriso e le sue parole gentili mi spronavano a non mollare, a continuare a combattere per riappropriarmi della mia persona. Tutto il personale medico, infermieristico e glio peratori socio sanitari, con la loro capacità e la loro passione per il lavoro, si rivelarono un altro pilastro fondamentale. Il primario della Neuroriabilitazione funzionale il dirigente neurologo Edoardo Sessa, il direttore della UOC Neurologia del Piemonte Rosario Grugno, i neurologi Concetta Pastura e Francesca Arcadi, i fisiatri Roberta Cellini e Francesco Petralito, tutti gli infermieri e gli Oss mi hanno seguito passo dopo passo, infondendomi speranza. Ogni visita, ogni controllo, era carico di un’energia positiva che mi dava coraggio. La mia vita, che una volta si era bloccata,riprende finalmente a muoversi, lenta ma decisa, verso la normalità I momenti di fatica si alternavano ai piccoli successi: una parola finalmente pronunciata, una frase che tornava a fluire, il primo passo con un bastone e senza. E con ogni nuovo traguardo, il mio spirito si rinvigoriva. Dall’abbandono della sedia a rotelle, alla rieducazione del linguaggio, stavo riscrivendo la mia storia. La mia vita, un tempo frenetica e piena di impegni, si stava trasformando in qualcosa di più profondo, un viaggio di riscoperta e resilienza.Il sostegno incondizionato di mia moglie e mio padre, la cui speranza per me non ha vacillato mai, e la presenza di chi mi ha assistito in questo percorso, amici, parenti, colleghi e datori di lavoro, erano il segno di un amore grande. La vita, con tutte le sue sfide, non era più solo una lotta, ma un canto di rinascita. E ora, guardando avanti, sento il battito del mio cuore e la forza della mia voce, un inno alla vita che non ha mai smesso di brillare. E così, con la determinazione che solo chi ha affrontato la tempesta può avere, un giorno mi sono alzato. Non era solo un movimento fisico; era un’affermazione di vita. Ho imparato a dare valore solo alle cose che contano, come gli affetti e la vera amicizia. Sono tornato a lavoro, a mettere le mani sul volante della mia auto, sentendo il brivido della libertà che mi attraversa, e ha riscoprire il brio di guidare lo scooter, con il vento che mi accarezza il viso. Ogni chilometro percorso era un tributo alla mia resilienza, Ora, guardando indietro, vedo non solo il viaggio di una persona che ha affrontato un ictus, ma la storia di un paziente “guerriero” che ha ritrovato la propria strada. La vita, con tutte le sue sfide, è tornata a scorrere, splendente e vibrante. E in ogni passo, in ogni sorriso, c'è l’eco dell’amore e della forza di coloro che hanno camminato con me a partire dal personale dell’Ircss Neurolesi.