Non serviranno dissalatori, non servirà “adattare” il depuratore di Mili, e probabilmente non si passerà da una “trattativa” con Siciliacque per aumentare l'approvvigionamento dall'Alcantara. Ma soprattutto, almeno stando a quanto assicurano i tecnici della Stretto di Messina, non un litro d'acqua sarà sottratto alla città per rifornire i cantieri del Ponte. Lo hanno ribadito, mostrando decine di slide ai consiglieri comunali della commissione Ponte, gli ingegneri Gioacchino Lucangeli e Daniele Scammacca della “Stretto”, ripetendo anche un concetto: dopo l'approvazione da parte del Cipess del progetto definitivo, per almeno un anno non verranno aperti cantieri veri e propri, ma si attueranno le cosiddette “opere anticipate” (prime acquisizioni di terreni, bonifiche belliche, risoluzione delle interferenze). Tutte attività che richiedono un fabbisogno idrico minimo. E dopo? Come e da dove prenderà l'acqua la Stretto di Messina? Su questo si sono concentrati i lavori della commissione. «Il Contraente generale – hanno chiarito i tecnici - ha elaborato uno studio di dettaglio della cantierizzazione che, partendo dalla localizzazione dei cantieri sul territorio e la tipologia delle opere da realizzare nel singolo cantiere, ha permesso di conoscere il fabbisogno idrico per maestranze e lavorazioni». I due cantieri più “esigenti” sono quelli di Torre Faro-Ganzirri e di Contesse, che sono anche i più grandi, superano i 20 litri al secondo. «La disponibilità idrica della città di Messina – è la sintesi - considerando tutte le fonti di approvvigionamento e al lordo delle perdite, è pari a circa 1.000-1.200 litri al secondo, a fronte di un fabbisogno di circa 1.050 litri al secondo. Per le attività di cantiere saranno necessari al massimo 67 litri al secondo, pari a circa il 7% della disponibilità idrica». Una disponibilità che, però, al netto delle perdite, come sappiamo, si riduce parecchio, e per questo da mesi sono in corso i lavori di Amam per ridurre questo gap.