Non è facile la posizione del sindaco di Messina. È stato detto e scritto più volte. Non è facile perché deve tenere conto, giustamente, delle istanze del territorio, deve raccogliere le voci e le richieste dei cittadini espropriandi, deve difendere la città dall’enorme impatto di una grande infrastruttura che non è progettata nel deserto del Sahara ma in una zona ampiamente urbanizzata. Ed è ancor meno facile da quando il leader al quale Federico Basile fa riferimento, Cateno De Luca, sulla questione Ponte ha completamente “svoltato”, nella sua logica anti-Governo e anti-Salvini, in “direzione ostinata e contraria”. Il ragionamento del sindaco, dunque, non fa una grinza. «Io devo difendere la mia città», applausi. «Non si può avere un approccio ideologico», ancora applausi. «Voglio certezze sulla tutela ambientale», bene bravo bis.
Ma... sì, c’è un ma... Ed è quando Basile afferma: «Avevamo progettato e disegnato la nostra “rinascita” senza il Ponte. È questo il tema politico». Anche questo ragionamento non farebbe una grinza se non fosse che, prima l’Amministrazione De Luca, poi quella Basile, hanno posto in cima al programma elettorale proprio il Ponte sullo Stretto. De Luca creò addirittura, e la riservò a se stesso, una apposita delega assessoriale al Ponte. Sempre De Luca, insieme con l’allora vicesindaca Carlotta Previti, inviò un lungo e approfondito documento al Governo (retto da Mario Draghi), con un durissimo atto d’accusa nei confronti di uno Stato che continuava a tergiversare, impedendo la realizzazione del Ponte e finanziando, invece, una serie infinita di opere al Nord. Basile ha seguito questa strada e nel suo programma, votato alle Amministrative del 2022, ha definito il collegamento stabile l’opera più importante per Messina e per lo Stretto. Non c’è una contraddizione con quel «avevamo disegnato la “rinascita” della città senza il Ponte»?
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