«Chiusura di tanti esercizi commerciali in città e, in generale, crisi del commercio e dell’artigianato a Messina». È l’ordine del giorno della seduta straordinaria che si terrà oggi, con inizio alle 13,30, a Palazzo Zanca. Una riunione che era stata richiesta da più parti, una sorta di chiamata, per enti, istituzioni e organizzazione di categoria, al capezzale del grande malato: il Commercio. Il rischio è che una questione serissima, con risvolti anche drammatici, cruciale per l’economia messinese fondata sul terziario, venga banalizzata con considerazioni e analisi distaccate da ogni realtà, come l’attribuire la chiusura delle vetrine al fatto che ci sia o meno un’isola pedonale o una zona a traffico limitato. «Tra il 2014 e il 2024 hanno abbassato le saracinesca circa 630 negozi, a livello nazionale oltre 140mila. Numeri impressionanti che delineano un ritratto drammatico degli effetti della crisi del Commercio che sta coinvolgendo pesantemente anche la nostra regione e città». Chi lo scrive? La Confesercenti di Trento, riferendosi al capoluogo e all’intero Trentino, regione che solitamente consideriamo ricca e privilegiata rispetto alle terre del profondo Sud. E leggiamo ancora: «Per rendersene conto basta una semplice passeggiata per le vie del centro città e nel cuore dei centri più piccoli, dove sono numerose le vetrine vuote, evidenza che incide negativamente anche sulla qualità della vita, con la rete delle piccole attività commerciali che rappresenta un valore aggiunto a livello sociale, oltre che economico». Mal comune mezzo gaudio? Non proprio, però bisogna affrontare il problema in tutte le sue sfaccettature, partendo da una visione che non può non essere generale e, dunque, estesa a gran parte delle realtà urbane in Italia e forse in tante altre parti del vecchio Continente. Quali sono i problemi comuni? Ci limitiamo a due: 1) I costi fissi di gestione delle attività, cioè affitti e bollette sempre più care. 2) La crescita irrefrenabile dell’e-commerce, con una concorrenza che in altri tempi e contesti avremmo definito assolutamente “sleale” e che oggi, invece, appare come un simbolo della libertà di scelta, che consente ai consumatori di comprare online per risparmiare. Me nessuno tiene conto che le grandi multinazionali dell’e-commerce e i negozi online non sono tartassati da balzelli e incombenze riservate soltanto a chi gestisce esercizi commerciali nelle città.