A molti osservatori sono parsi strani, o comunque degni di nota, due aspetti della doppia visita di Renato Schifani, giovedì scorso, a Messina. La prima, peraltro, da quando è presidente della Regione. Primo aspetto: se a palazzo Zanca, per la firma del Piano Città, erano presenti anche esponenti di Forza Italia (tra gli altri, il coordinatore cittadino Antonio Barbera e la parlamentare Bernardette Grasso) e del centrodestra in generale (tra cui il leghista Pippo Laccoto), al sopralluogo alla ex Sanderson c’erano solo consiglieri e rappresentanti di Sud chiama Nord, il partito di Cateno De Luca. Secondo aspetto: lo stesso De Luca non si è fatto vedere in nessuna delle due occasioni. Un’assenza che, però, pare sia stata solo “pubblica”. I bene informati, infatti, parlano di un pranzo, avvenuto in un noto ristorante del centro di Messina, con un numero piuttosto ristretto di commensali: De Luca, appunto, Schifani, il sindaco Federico Basile e il direttore generale Salvo Puccio. Pietanza principale, due freschissimi mupi al sale. Pietanza politica: un patto che va oltre il semplice dialogo avviato nelle scorse settimane a margine della Legge di stabilità. Del resto l’accoglienza riservata a Schifani nel salone del bandiere del Comune, giovedì mattina, è parsa certamente più calorosa di un “innocuo” benvenuto istituzionale. In quel patto ci sono la basi per possibili assetti futuri, garanzie reciproche (seppur ancora solo interlocutorie) sulla roccaforte Messina da salvaguardare, anche attraverso sinergie istituzionali da tradurre in risultati tangibili sul territorio e spendibili, poi, in future campagne elettorali. E c’è pure il caso Marcello Scurria, il sub commissario al risanamento visto come possibile ostacolo, in questo scenario, e di cui De Luca avrebbe chiesto la testa a Schifani. In tv lo stesso leader di Sud chiama Nord si è mostrato piuttosto informato sulla vicenda, parlando di «questione aperta» e di una richiesta di «supplemento di relazioni» sul casus belli della famosa asta per gli appartamenti di Contesse. C’era anche questo, forse, nel menù di pesce del pranzo di giovedì scorso.