Messina

Sabato 23 Novembre 2024

Comune di Messina, scontro tra uffici sulla nomina del Garante all'Infanzia

Padre Giovanni Amante poteva essere nominato Garante dell’infanzia e dell’adolescenza del Comune di Messina? Quello che all’apparenza sarebbe un quesito semplice, sulla nomina decisa dal consiglio comunale l’11 marzo scorso, è diventato un vero e proprio caso dentro le stanze di palazzo Zanca, al centro di un duro carteggio tra la segretaria generale del Comune, Rossana Carrubba, e il dirigente del dipartimento Servizi alla persona, Salvatore De Francesco. Un caso, va precisato, che non mette in discussione la figura di padre Amante, ma il percorso procedurale che ha portato alla sua nomina. Un percorso sul quale i primi a sollevare dei dubbi, tra aprile e agosto, erano stati il consigliere comunale del Pd Alessandro Russo e poi la rappresentante dell’Associazione Diritti in Movimento, Angela Rizzo. Ed è qui inizia il carteggio. Con una prima nota, trasmessa il 9 agosto dalla segretaria proprio a quest’ultimo, Rossana Carrubba evidenzia che, per regolamento, per essere nominato Garante bisogna «essere in possesso dei requisiti per l’elezione a consigliere comunale» e che, secondo l’articolo 9 della legge regionale 31 del 1986, «non sono eleggibili a consigliere provinciale, comunale e di quartiere, tra gli altri, “nel territorio nel quale esercitano il loro ufficio, gli ecclesiastici e i ministri di culto che hanno giurisdizione e cura di anime e coloro che ne fanno ordinariamente le veci”». Nella stessa nota la segretaria sottolinea che la proposta di delibera che ha portato alla nomina di padre Amante è stata istruita da De Francesco, con tanto di curriculum dei candidati. E nel curriculum di Amante era specificato che nell’ottobre 2010 «è stato ordinato sacerdote ortodosso, parroco per Messina, Chiesa ortodossa Ucraina». Carrubba a questo punto chiede al dirigente una relazione, «considerato che la Chiesa ortodossa presenta caratteristiche ordinamentali profondamente differenti rispetto a quella cattolica», una relazione in cui spiegare perché sia stata esclusa «l’assimilabilità del ruolo di sacerdote ortodosso rivestito dal dottor Amante alla figura di “ecclesiastico” o “ministro di culto”». A fine agosto arriva la risposta di De Francesco, secondo cui quella ipotizzata sarebbe una «ineleggibilità relativa» e non assoluta, e soprattutto «è di tutta evidenza come, anche alla luce delle caratteristiche dell’incarico religioso rivestito dal dott. Amante (comunità di circa 400 fedeli, prevalentemente non elettori), della sua attività professionale prevalente (assicuratore) e dell’incapacità assoluta di influenzare il corpo elettorale (consiglio comunale), tale previsione non pare applicabile al caso di specie». Caso chiuso? Sembrerebbe di no. Perché il 15 ottobre la segretaria generale torna a scrivere. E «contesta in toto il contenuto» della risposta del dirigente, in quanto «non dirime gli aspetti controversi della vicenda», che peraltro era finita al centro persino di un’interrogazione parlamentare all’Ars, presentata dai deputati del Pd, primo firmatario Mario Giambona. I toni della nota di Rossana Carrubba sono piuttosto duri, le considerazioni espresse da De Francesco vengono definite «di nessun pregio», sia per la questione della ineleggibilità relativa, sia perché «va attribuito al suo personale convincimento l’affermazione che “le caratteristiche dell’incarico religioso rivestito dal dottor Amante non siano atte ad influenzare il corpo elettorale”». Secondo Carrubba, infatti, la cura di una ristretta comunità religiosa e la prevalente attività di assicuratore «non costituiscono elementi oggettivi» per superare quanto previsto dalla norma. Anzi, «nell’ipotesi in cui il ruolo di sacerdote ortodosso sia assimilabile alla figura di “ministro di culto”, verrebbe meno la sussistenza dei requisiti richiesti per la nomina a garante». E così il dirigente De Francesco viene invitato nuovamente a rispondere. Lo fa due giorni fa, l’11 novembre, confermando «la correttezza dell’attività istruttoria», in quanto «l’eventuale accertamento dei motivi di ineleggibilità» non sarebbe stato compito del dirigente, ma del consiglio comunale.

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