Non ci sarà una commissione d’inchiesta sulla gestione della crisi idrica a Messina. Il secondo dibattito che il consiglio comunale ha voluto dedicare all’argomento (il primo era stato il 2 luglio) si è esaurito senza grandi sussulti, in circa tre ore, con il sindaco Federico Basile e la presidente di Amam, Loredana Bonasera, “costretti” a ripetere quanto già dichiarato in più occasioni e conferenze stampa e i consiglieri comunali, di vari colori politici, impegnati nel farsi portavoce di segnalazioni che, da più parti, continuano ad arrivare. Perché se da una parte «la situazione si va normalizzando», come detto da Basile la settimana scorsa e come ribadito anche ieri, dall’altra, parole sempre del sindaco, «non ho mai detto che la crisi si è conclusa e finché ci sarà un solo cittadino a soffrire disagi, sarà nostro dovere occuparcene».
Ha creato più di qualche cortocircuito il passaggio di consegne tra il Coc della protezione civile e l’Amam per la gestione delle richieste di soccorso idrico da parte della popolazione, e lo ha ammesso anche Buonasera: «Sono stati due giorni di “passaggio” e qualcosa poteva funzionare meglio. E sono sicura che già da domani le cose andranno meglio».
Diversi consiglieri non hanno resistito alla tentazione di esporre questioni specifiche, probabilmente “obblighi” da rispettare nei confronti dei rispettivi elettorati. E non sono mancati gli affondi politici, perché, del resto, politica è stata la mossa, partita dal genovesiano Giandomenico La Fauci, di convocare questa seduta. Libero Gioveni, a nome di Fratelli d’Italia, ha ribadito la richiesta di dimissioni della presidente di Amam, «richiesta che avevamo già fatto prima dell’emergenza, perché i problemi arrivano da lontano», mentre Giuseppe Villari (Lega) ha puntato il dito sulla «mancanza di trasparenza», sia nell’accesso agli atti che sul sito web di Amam. Per il Partito democratico (a parlare tutti e tre i consiglieri, Alessandro e Antonella Russo e il capogruppo Felice Calabrò) il tema è uno: «La crisi poteva essere gestita meglio? Secondo noi sì. Con il Coc che è stato attivato tardi e chiuso troppo presto». C’è stata anche una proposta, rimasta senza adesione, «riduciamo le tariffe a chi ha avuto disagi». Qualche riferimento anche alle responsabilità regionali («la Regione ha avuto 1,6 miliardi, dovremmo avere più finanziamenti», la considerazione di Cosimo Oteri). E poi non poteva mancare il caso Taormina, che evidentemente appassiona ancora tanti. «Credo che non abbia inciso affatto sulla crisi – ha detto Calabrò –, ma mi chiedo: se quel “vettoriamento” lo avesse chiesto Savoca, e non la Taormina di De Luca, l’Amam sarebbe stata altrettanto solerte?». Quesito lasciato in sospeso. Sulla famosa convenzione con Siciliacque è stata la presidente di Amam a chiarire: «La lettura delle volumetrie è trimestrale, presto avremo i dati da Siciliacque e Taormina ci pagherà il servizio di vettoriamento, così chiuderemo questa partita». Con Basile che ha ribadito: «Quell’acqua era di Taormina. Noi l’abbiamo solo trasportata».
«C’è un problema oggettivo – ha recitato a memoria il sindaco –, abbiamo il 23% di risorsa idrica in meno, la falda è scesa di un metro e settanta. Il Coc? Voglio ricordare che non è uno strumento autonomo, è una somma di azioni, quando si chiamava il Coc rispondevano gli operatori di Amam, Protezione civile e servizio sociale, e oggi, chiamando l’Amam, rispondono gli stessi operatori. Abbiamo deciso di fermare il Coc perché da una media di 273 telefonate al giorno siamo passati ad una novantina. Abbiamo fatto tanti passi in avanti, con azioni mirate e concrete. L’emergenza non è finita, ma va ricordato che non c’è mai stata programmazione in questa città. Il tema della rete idrica non è legato solo alla contingenza della crisi, ma alla struttura della rete stessa. Abbiamo un parco progetti presentato in tutte le finestre di finanziamenti, ma non posso pensare che un’amministrazione possa ottenere finanziamenti solo in base al colore politico, sarebbe la morte della democrazia».
I progetti, ha ricordato Buonasera, «partono dal 2018, fanno riferimento ad una pianificazione a lungo termine. Per intervenire su una rete su cui non è mai stato fatto niente ci vuole tempo, anche noi avremmo voluto risolvere in pochi anni problemi atavici». Il principale dei quali è rappresentato da quel «55% di perdite» che fa sì che nelle case dei messinesi finisca poco meno della metà dei 970 litri d’acqua che giornalmente vengono immessi. E anche il solitamente serafico Basile, ad un certo punto, ha voluto alzare i toni: «Per qualcuno questo è un tema da campagna elettorale, ma il clima di sospetto non serve a nessuno. Non è questo il bene che si fa alla città». Ma la crisi idrica è diventata anche questo, nei mesi scorsi: un tema politico.
Crisi idrica a Messina, il confronto in Aula: accuse, risposte e pochi veri sussulti
Dibattito di circa tre ore in consiglio comunale, tra affondi politici e “soliti” copioni
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