A Messina la “guerra dell’acqua” è un caso politico. Basile proverà a fare chiarezza sullo “scambio idrico” con Taormina
Interrogazioni consiliari, interpellanze parlamentari, richieste di accesso agli atti, comunicati di botta e risposta, veleni sui social e conferenze stampa. Parallelamente all’emergenza vera, quella che vivono le tante famiglie messinesi coi rubinetti a secco, l’amministrazione Basile deve affrontare un’altra crisi, quella politica. Perché al di là delle rassicurazioni dispensate pubblicamente e pressoché quotidianamente, in ossequio alla nuova strategia comunicativa imposta dal leader Cateno De Luca attraverso il proprio staff, c’è preoccupazione ai piani alti di Sud chiama Nord sulla piega che può prendere –politicamente e, in prospettiva, elettoralmente – questo guaio dell’emergenza idrica. E non è un caso se una fin qui abbastanza sonnolenta a “scollata” opposizione abbia ritrovato slancio e lame affilate proprio su questa vicenda, che incide sul quotidiano della comunità come pochi altri ambiti dei servizi pubblici (si avvicina solo, per “sensibilità” dell’opinione pubblica, il settore dei rifiuti). Gli affondi del Pd Da un lato, dunque, la siccità e le falle di una rete idrica ancora troppo debole dopo anni di pressoché totale disinteresse, dall’altro la “guerra dell’acqua” della politica. Il fronte più battagliero è quello che vede in trincea il Partito democratico, che se a Palermo continua ad essere un potenziale alleato di De Luca e soci, a Messina si erge a portabandiera delle opposizioni. Il coordinamento provinciale Dem ha addirittura costituito un Osservatorio permanente sulla crisi idrica e non risparmia interventi e affondi, sia coi suoi consiglieri comunali, sia con l’unico organo di partito “ufficiale” in attesa del congresso, e cioè il coordinamento, appunto, ma anche con incursioni romane. È di Stefania Marino, deputata ennese del Pd, una recentissima interrogazione presentata in commissione alla Camera ai ministri per la Protezione Civile e delle Infrastrutture, nella quale vengono toccati due tasti piuttosto “velenosi”: «Sembrerebbe che una quota di acqua gestita da Amam venga indirizzata verso la città di Taormina e un’altra quota parte, invece, venga indirizzata per il cantiere di lavoro di Webuild per il raddoppio ferroviario della linea Palermo-Catania-Messina». Anche l’Osservatorio sulla crisi idrica aveva sollevato dei dubbi sulla questione e non solo («quanta acqua “cediamo” a Taormina e ad altri comuni lungo il tracciato? Quanto pesa l’approvvigionamento delle navi da crociera? Quando si staccherà l’irrigazione delle aree a verde con acqua potabile?»). E il consigliere comunale Alessandro Russo ha anche presentato una richiesta di accesso agli atti, «per avere copia di tutte le ricevute e le documentazioni relative alla triangolazione di acqua tra l’acquedotto Fiumefreddo e quello Alcantara che interessa la cessione di acqua a favore di Taormina, ogni utile carta per capire e documentare quanta acqua cediamo, quanta ce ne viene restituita e come viene documentato ogni singolo passaggio», ma ha anche chiesto ad Amam «la possibilità di effettuare nei prossimi giorni una visita ispettiva presso la conduttura dell'acquedotto Fiumefreddo, specialmente sullo “stacco” di Taormina e su quello di Giampilieri, per verificare sul campo come funziona e come viene calcolato dai misuratori dell'azienda, la cessione di acqua e la sua deviazione da e per Taormina». Il sindaco: «Sciacallaggio» Il punto, la cui delicatezza politica è evidente (non sfuggirà che sindaco di Taormina è proprio Cateno De Luca), è stato più volte affrontato da Amam, dallo stesso De Luca e dal sindaco Federico Basile, che nei giorni scorsi è tornato a ribadire: «La convenzione sottoscritta tra il Comune di Taormina, Amam e Siciliacque prevede, come abbiamo sempre detto, il solo ruolo di vettoriamento da parte di Amam, così che la quantità che viene ceduta a Taormina ritorna per intero a Messina. Evidentemente, per chi vuole strumentalizzare e fare sciacallaggio politico, è troppo complicato da comprendere. Per questo, stiamo predisponendo una conferenza stampa per i prossimi giorni nel punto esatto in cui Siciliacque restituisce la risorsa idrica a Messina, con tanto di misuratore alla mano. Non consentiamo a nessuno, in questo momento, di giocare con i disagi della nostra città». Forza Italia riapre la ferita Ma l’accostamento crisi idrica-accordo con Taormina continua ad essere politicamente succulento e ad intervenire ora è anche Forza Italia: «È da chiarire immediatamente lo “scambio” di acqua con il Comune di Taormina – è la richiesta avanzata ieri dal coordinatore forzista Antonio Barbera –, dopo i lavori di sostituzione dei tubi di adduzione idrica a Calatabiano, visto che a Taormina l’acqua c’è mentre a Messina arriva con il contagocce e nel comune ionico è stato realizzato un innesto che preleva acqua dalla condotta del Fiumefreddo destinata a Messina. Se è vero che, come dicono, l’acqua è restituita in eguale quantità da un altro acquedotto, qui i conti non tornano e nemmeno l’acqua». Per Barbera, inoltre, «chi amministra ormai dal 2018 deve seriamente assumersi le proprie responsabilità. È finito il tempo delle “colpe di chi c’era prima” e di certo non è neppure colpa “del destino”, visto che l’amministratore Basile è la prosecuzione della giunta De Luca e sei anni sono un tempo sufficiente perché la questione fosse risolta o quanto meno affrontata con un imprinting diverso». Le repliche di ScN Il compito di replicare, sia al Pd che a Forza Italia, è stato affidato al coordinatore cittadino di Sud chiama Nord, Nino Carreri. «La richiesta di accesso ispettivo per verificare quanta acqua del servizio idrico comunale vada su Taormina e per i lavori di Webuild per il raddoppio ferroviario della linea Palermo-Catania-Messina appare pretestuoso. Saranno le carte a smentire un mero atto di sciacallaggio politico. L’amministrazione Basile non ha nulla da nascondere», la risposta al Pd. E a Barbera e Forza Italia, Carreri ribatte: «È evidente che c’è chi ha dimenticato le condizioni in cui versava l'Amam all'insediamento di De Luca come sindaco di Messina. L’erogazione media dell'acqua era limitata a 12-13 ore al giorno, l’Amam era prossima al fallimento, non esisteva alcun progetto per l'individuazione di fonti alternative e per il completamento dei serbatoi, nessun piano per la riqualificazione e messa in sicurezza della rete di distribuzione idrica. Alla fine del mandato, a febbraio 2022, l'erogazione media giornaliera dell'acqua era salita a 18-19 ore al giorno, era stata messa in campo la strategia H24, i bilanci dell'Amam erano stati risanati, era stato redatto un Parco progetti di oltre 50 milioni di euro». E poi il contrattacco: «Le soluzioni ai problemi di approvvigionamento idrico di Messina sarebbero forse potute arrivare dagli esponenti di Forza Italia che per decenni hanno governato la città? Barbera ci spieghi perché il governo Musumeci e Schifani non hanno risolto le fragilità idriche della Sicilia e di Messina pur avendo gli strumenti ed i soldi». È il grande paradosso di questa estate di crisi: si soffre maledettamente la siccità, ma è sempre più alluvionale il diluvio di polemiche. E l’impressione è che si sia solo all’inizio.