Che la sanità in Sicilia sia la il bottino più ghiotto e ambito dai predoni della politica è una verità che affonda le radici in uno stratificato sistema di lottizzazione. Che la sanità, non solo in Sicilia, garantisca rendite elettorali alimentate da un mercimonio di nomine (assunzioni, primari, vertici delle Asp e delle aziende ospedaliere) è una realtà storica. Affannarsi goffamente, ancora oggi, a tematizzare una gestione limpida della sanità in Sicilia, indicando meriti e competenze come criteri delle scelte, è un esercizio quasi patetico. Che poi, in questo quadro desolante, possano convivere capacità professionali in grado alzare il livello di qualità del servizio pubblico, è una speranza da lotteria. In uno sfogo pubblico l’assessore regionale all’Economia, Marco Falcone, ha rinfacciato all’ex presidente dell’Ars, Gianfranco Miccichè, doppiezza e sfacciata ipocrisia: «Di notte incassavi gli incarichi da Musumeci e di giorno lo attaccavi». E siccome questo pressing forsennato riguardava soprattutto le nomine per la sanità siciliana, Miccichè ha chiesto «alla Procura della Repubblica di competenza, di avviare immediatamente le indagini sul metodo di assegnazione degli incarichi fatte dal passato governo regionale, su mie ipotetiche pressioni». Un presunto “traffico di influenze” che non avrebbe bisogno di nessuna conferma giudiziaria, visto che quella di Marco Falcone, “alfiere” dell’ex governo Musumeci, è una confessione politica in piena regola. L’ex assessore regionale alla Sanità, Ruggero Razza, è uscito allo scoperto per sconfessare (indirettamente) lo sfogo e l’imprudenza di Marco Falcone, i compagni di banco che hanno condiviso 5 anni al governo della Sicilia. Leggi l'articolo completo sull'edizione cartacea di Gazzetta del Sud - Messina Sicilia