Doveva essere il giorno in cui il governo illustra il programma all’Ars. Un rito della fase di avvio di ogni legislatura trasformatosi questa volta in una sorta di improvvisato congresso di Forza Italia. Gianfranco Micciché ha accusato Renato Schifani di fare il leader di corrente e di avere dato vita a una giunta in continuità con quella (odiata) di Musumeci. Il presidente della Regione ha trattenuto l’irritazione, celata dall’aplomb istituzionale. Poi ha risposto a tono. Micciché ha preso la parola fra i primi: «Lei è qua perché il popolo siciliano voleva il cambiamento ma ha fatto degli errori: gli assessori del governo Musumeci non dovevano entrare nel suo governo». Micciché parla chiamando più volte Schifani: «Ma chi glielo fa fare di essere in continuità?». I toni dell’ex presidente dell’Ars diventano molto coloriti: «Siamo in un terra che viene da 5 anni di presa per il culo...». E qui nel mirino di Miccichè entra l’assessore al Bilancio, Marco Falcone: «È più stronzo di Armao ma almeno è più serio e non racconterà le minchiate che raccontava lui».
La "stampella di De Luca"
L’opposizione attacca molto meno di Miccichè. Pd e grillini bocciano il piano di Schifani su sanità e rifiuti. Ma Cateno De Luca apre, pur col suo stile tendente alla minaccia: «Schifani avrà collaborazione da parte nostra, ma avrà una reazione violenta su ogni proposta che è irricevibile». De Luca conta all’Ars su 8 deputati, che compenserebbero i 4 voti in meno di Miccichè. E Schifani nel suo intervento carezza l’ex sindaco: «Messina è una città rinata, complimenti».
Il presidente della Regione resta in aula dalle 11 alle 19. Ascolta tutti gli interventi e a tutti i deputati offre una rassicurazione sul dialogo: «Sono un parlamentarista convinto. Chiedo alla maggioranza e all'opposizione di mettersi in una logica di proposizione, perché la dialettica è sempre importante».
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