Messina in Comune è il nome della sua lista per una delle più classiche offerte alternative allo scenario tradizionale della politica partitica. Gino Sturniolo è il candidato a sindaco della sinistra e del movimentismo di quell’area. Ieri ha ricevuto l’endorsement di Simona Suriano, parlamentare di “Manifesta”.
Che candidatura è la sua e che elettorato può far riferimento a lei?
«Una candidatura indipendente dalle coalizioni che ha l’ambizione di offrire una chiave di lettura diversa dei problemi che attraversano la città. Può sceglierci l’elettorato non strutturato, chi non è più andato a votare, chi non crede alle semplificazioni degli ultimi anni e chi non può trovare risposte nel centrodestra e nel centrosinistra».
La campagna contro queste le superpotenze elettorali come la si imposta, con quali armi?
«Con una proposta critica, creativa, non convenzionale. Non potrei mai competere con le risorse a disposizione dei candidati delle coalizioni, ma posso competere con le loro idee e i loro programmi. L’esperienza in Consiglio Comunale mi ha consentito di farmi un’idea più realistica sulle difficoltà che si incontrano nell’amministrazione di una città. Gli anni successivi mi sono, poi, serviti a capire perché in una città come Messina le proposte politiche delle coalizioni sono strade che non spuntano. Quelle coalizioni sono la causa, non possono essere la soluzione delle nostre difficoltà».
Il ponte sullo Stretto, forse per la prima volta, è un tema elettorale della città.
Essere a favore o contro il Ponte significa avere due idee diverse di futuro per Messina. Noi siamo gli unici a potere avere una posizione chiaramente contraria. Per noi il futuro si fonda sulla bellezza del nostro paesaggio, sul patrimonio culturale, sul clima. Non sulla svendita della nostra terra».
La sua è la candidatura che parte dalla sinistra e dall'universo delle associazionismo. Il centro sinistra non interpreta più le esigenze di quella parte di cittadini?
«La mia candidatura nasce nella militanza di sinistra e nel protagonismo civico. Non siamo un pezzo del centrosinistra che si stacca. Siamo un’altra cosa».
Come giudica l'amministrazione De Luca?
«Come il punto più arretrato della vita politica e istituzionale. Dietro la “narrazione del fare” si nasconde un populismo che non riconosce “l’altro”. Sotto il cumulo delle parole di De Luca sono ancora da discutere i fatti».
Quali sono i tre punti cardine del suo programma? Ce li anticipa?
«Investire su quartieri e villaggi. Sperimentare un grande progetto di partecipazione con la rete dei luoghi dell’autogoverno dove costruire la decisione. Invertire il processo di desertificazione degli uffici comunali. Senza lavoratori non si offrono servizi. Dopo quasi 10 anni di Piano di Riequilibrio siamo ancora al punto di partenza. Ci vuole una soluzione politica per far tornare il Comune in regime ordinario. Non possiamo farlo da soli. Bisogna convincere gli altri Comuni nelle nostre condizioni ad aprire un negoziato con il Governo centrale».
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