La convergenza su Franco De Domenico appare molto ampia nel centro sinistra. Non c’è l’unanimità, perché Cambiamo Messina dal Basso non nasconde l’imbarazzo, ma a questo punto è impensabile che non sia l’ex direttore generale dell’università il candidato “eletto” da quel tavolo.
Un scelta per arrivare alla quale sicuramente non è stata presa la strada più breve, anzi. La soluzione più semplice, quella del segretario cittadino, era lì a portata di mano eppure, lo stesso partito democratico, ha dovuto prima “testare” diversi nomi interni e civici, e poi arrivare a quello più scontato, sotto il profilo politico.
«Nel partito democratico – dice Franco De Domenico che resta in attesa della investitura definitiva del tavolo – tante anime mi hanno chiesto di impegnarmi in questa candidatura e credono che io sia la persona che ha più chance. Sono la figura su cui convergono un po’ tutti». Ma anche altri nei democrats avevano messo a disposizione la loro esperienza (e freschezza) per affrontare la sfida elettorale.
«Le disponibilità di Antonella Russo e Alessandro Russo – dice l’ex deputato – hanno un grande valore, ma evidentemente i loro nomi univamo meno di me». Visto come si sono consumati i passaggi per arrivare alla scelta di De Domenico, sono in tanti a pensare che le primarie non fossero poi una decisione improvvida. «Sì, forse era meglio farle – analizza il docente universitario – ma abbiamo evitato di farle per il rispetto dovuto al resto del tavolo. Peraltro quello di Valentina Zafarana è stato un nome su cui avevamo trovato convergenza un po’ tutti e quando è emersa la sua indisponibilità forse sarebbe stato troppo tardi». Eppure fino ad una decina di giorni fa, Franco De Domenico, con il suo ruolo di graduato del partito, non sembrava entusiasta ad accettare la discesa in campo in prima persona. E allora la decisione di mercoledì cosa è? Una scommessa, un sacrificio, un impegno? «Metto a disposizione i miei talenti. Se sei un dirigente e chi ti rappresenta delle istanze ti chiede di fare un passo avanti, lo devi fare, altrimenti, non puoi fare politica».
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