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Messina, Calogero Leanza figlio d’arte: «Torniamo ad ascoltare la gente»

Suo padre, Vincenzo, fu l’ultimo messinese presidente della Regione. Oggi l’erede 27enne è pronto a misurarsi alle urne

Calogero Leanza

Calogero Leanza non è, ovviamente, Vincenzo Leanza. Ma come si colloca, rispetto ad un’eredità politica così importante?
«Mi pongo in continuità. Nel mio caso non c’è stato un passaggio di consegne generazionale, mio padre è morto oltre quindici anni fa, io avevo nove anni, tante persone che erano vicine a lui hanno fatto altre scelte. Se di eredità si può parlare è rispetto a dei valori, ad un modo di fare, di pensare. Che si sintetizza così: bisogna interpretare i bisogni della gente. Capire cosa la gente vuole, dare risposte. Il modo di fare di mio padre è insuperabile, lui cercava i voti uno a uno,cercava di rispondere a tutti. Questo sistema oggi va adeguato ai tempi, ma è attuale».
Quel modo di fare, il contatto con le persone, oggi si può recuperare?
«Assolutamente sì. Se una volta era necessario andare a trovare il singolo elettore a casa, magari oggi si possono usare facebook, instagram. Questo ovviamente non sostituisce la politica reale, che è territorio, girare la provincia, la città, con un impegno profuso non solo per gli amici, come fanno molti. Le vicende politiche, nazionali e locali, hanno insegnato che vince solo chi riesce ad essere vicino alla gente. Giochi di palazzo, accordi, larghe intese, lasciano il tempo che trovano».
Il segreto di De Luca a Messina, ad esempio, è stato questo?
«Certo, è una ricetta vincente. Poi va declinata secondo modalità che, per il mio modo di fare, sono molto più moderate. Senza estremismi, né nel modo di agire, né nel modo di esprimersi, né nella collocazione politica».
La collocazione politica oggi è sempre più liquida. Suo padre fu un esponente storico della Dc, poi dopo la Prima Repubblica rimase in area moderata. Lei dove si colloca?
«Sicuramente al centro. Poi se parliamo di sigle, quella è un’altra partita. Girando il territorio, specie nelle piccole comunità, vedo che c’è grande voglia di moderati e di centro».
È questa voglia di centro che ha riportato personaggi come Cuffaro e Lombardo al centro della scena?
«Direi di sì. Bisogna guardare indietro per andare avanti. Il problema di oggi però è che i partiti sono diventati comitati elettorali, si fa politica solo pensando al voto. Il messaggio di Cuffaro e Lombardo è invece un messaggio di coerenza».

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