Si ricomincia “quasi” da capo. Anche se quel “quasi” potrebbe fare tutta la differenza del mondo. Più volte, in questi anni, abbiamo paragonato il Piano di riequilibrio alla omerica tela di Penelope. Così come la moglie di Ulisse disfaceva, la notte, la tela che aveva tessuto durante tutto il giorno, per evitare nuove nozze, allo stesso modo il Comune – avvalendosi delle “finestre” di volta in volta aperte dal Governo nazionale – ha rimodulato più e più volte il Piano di riequilibrio, per evitare non delle nozze, ma un funerale: quello delle casse del Comune stesso, in altri termini il dissesto finanziario. In fondo Cateno De Luca, in questo, non è stato molto diverso dagli altri. Si è legittimamente aggrappato all’ennesima ciambella di salvataggio lanciata da Roma, rimodulando un Piano che, al di là dei complimenti che il sindaco ha raccontato di aver ricevuto dalla Corte dei Conti, era destinato ad una più che probabile bocciatura. Disfacendo ancora una volta la famosa tela, in questo caso proprio al fotofinish. Il 31 gennaio, infatti, era l’ultimo giorno utile per avvalersi della facoltà di rimodulare il Piano, prevista dalla legge di Bilancio del Governo, emanata il 30 dicembre scorso. È abbastanza strano che nonostante ci fosse un mese di tempo, l’Amministrazione si sia ridotta all’ultimissimo giorno utile, senza, peraltro, far cenno a questa possibilità nei giorni precedenti, quando invece tutti gli sforzi si erano concentrati sulle controdeduzioni da presentare alla Corte dei Conti. In realtà pare che si sia trattato di una “illuminazione improvvisa”, un suggerimento provvidenziale giunto proprio quel 31 gennaio, e che si è trasformato nel più classico uovo di Colombo. A quel punto è stato facile scegliere: presentarsi petto in fuori davanti alla Corte dei Conti, col rischio concreto di vedersi impallinare il “vecchio” Piano di riequilibrio? Oppure rimodulare il Piano stesso, guadagnando tempo e, di fatto, buttando la palla a chi verrà dopo? Ovviamente l’opzione preferita (ma anche la più logica) è stata la seconda, senza, però, che questo voglia dire, almeno per il momento, aver salvato Messina.
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