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Messina, il ritorno di Buzzanca: "Non mi auto-candido ma se me lo chiedono"

Le domande "scomode" sul passato e sul presente dell'ex sindaco di Messina che... guarda al futuro

L'ex sindaco di Messina Giuseppe Buzzanca

Giuseppe Buzzanca è in corsa, dieci anni dopo, per provare a tornare sindaco?
«Non affronto le questioni prima che siano reali. Una volta che le dimissioni saranno effettive, si vedrà il da farsi. Ognuno ha l’obbligo di assumersi le proprie responsabilità. Voglio chiarire però che io non mi autocandido, Buzzanca non scalpita, come è stato scritto, ma è al servizio della comunità. Sono stato in silenzio religioso per 10 anni, difendendomi nei processi e non dai processi. Adesso Messina ha bisogno di una guida sicura».

Già il solo fatto che lei dia la sua disponibilità, dopo tanti anni in cui è rimasto fuori dai giochi, è una notizia.
«Non ho scelto io di rimanere fuori. Sono rispettoso delle istituzioni, ho fatto il mio lavoro, ora sono uscito da ogni questione giudiziaria ed eventualmente, sottolineo eventualmente, posso prendere in considerazione un ragionamento politico. Ma non potrei mai autocandidarmi».

Se glielo chiedessero, però...
«Se ci fossero le condizioni si possono avviare dei ragionamenti. Vede, il problema è che in questi anni è mancata la politica».

E perché?
«Perché a mancare sono stati i partiti».

Cosa è venuto a mancare, ai partiti, al punto da uscire sconfitti dagli ultimi appuntamenti elettorali?
«Il centrodestra ha probabilmente sbagliato i candidati. Ci deve essere un motivo, d’altronde, se un’area politica che è certamente di maggioranza in città non è stata rappresentata ai massimi livelli».

Eppure non si può dire che Cateno De Luca fosse un neofita della politica.
«De Luca è un vecchio politico, fa politica da 30 anni. A me lo presentò Totò D’Alia, nel ‘94».

Fu anche rappresentato nella sua Giunta, dopo le elezioni del 2008. In che rapporti eravate?
«Ho avuto sempre buoni rapporti con Cateno De Luca. Quando sento certe battute non capisco cosa possa essere successo. Non ho mai fatto critiche, non ho mai avuto un certo tipo di linguaggio nei confronti di nessuno. Se quando parla di Mammut della politica si riferisce a me, ha sbagliato indirizzo».

Ma veniamo al dunque: qualcuno glielo ha chiesto, di candidarsi?
«Onestamente sì, me lo hanno chiesto. Ma il punto è: i tempi sono maturi?».

Il sindaco ha presentato nuovamente delle dimissioni irrevocabili...
«Sono dimissioni irrevocabili, che però sono state già revocate. Quando saranno definitive e arriverà un commissario, ne riparleremo».

Secondo lei è escluso che De Luca possa stringere degli accordi con il centrodestra, tanto a Palermo quanto a Messina?
«In politica non esistono “mai” né “sempre”. Per ciascuno di noi parla la propria affidabilità. De Luca dice che è un battitore libero, di sicuro non è facilmente interpretabile. Del resto l’ultimo test elettorale a cui possiamo rifarci lo ha visto, alle Europee, correre con Forza Italia».

In questo mandato hanno avuto ruoli significativi alcune figure con cui lei ha collaborato in passato, da Carlotta Previti a Marcello Scurria.
«Non mi sono sentito con loro in questi anni. Se parliamo del risanamento, però, voglio ricordare che quella legge la pensai io. Poi fui avversato perché messinese e fui attaccato, anche dalla stampa, per il mio doppio incarico».

Che giudizio dà a questa amministrazione?
«È presto per dare un giudizio. Però mi chiedo e chiedo: chi ricorda un’infrastruttura di questa città che non sia partita o sia stata realizzata con me sindaco?».

Una costante, che ha vissuto anche lei, è quella dei conti del Comune. Sarà tema centrale anche nella prossima campagna elettorale.
«Anche qui, il primo piano di risanamento finanziario lo presentai io. Mi insediai con un bilancio da 1 miliardo, lo dimezzammo. Ci sono debiti atavici, che si trascinano da 50 anni. Io ho subito un processo per i bilanci del Comune e sono stato assolto. Lo dice il Tribunale, che ho fatto bene, non io. Il fatto non sussiste».

Allora concorda con De Luca, sulla tematica giudiziaria. Ad esempio, i nodi della legge Severino.
«Ognuno ha il proprio stile nell’esporre delle idee. Se mi si dice che la legge Severino va ridiscussa, però, non posso che essere d’accordo. C’è troppa disparità coi parlamentari nazionali e chiunque può essere coinvolto in un abuso d’ufficio».

Ha tirato in ballo il doppio incarico. Lei si dimise, nel 2012, per candidarsi all’Ars. Pensa allora che sia giusto che De Luca si dimetta per candidarsi alla presidenza della Regione?
«Allora non fu capita l’importanza di essere rappresentati a dovere a Palermo. Quella di De Luca è una legittima ambizione, se pensa che questa è una fase in cui possa essere più utile a Palermo, allora fa bene».

Purché decida.
«Già, purché decida».

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