Messina

Martedì 30 Aprile 2024

Relazione annuale del sindaco di Messina, la Regione manda gli ispettori: ecco perché

«Il dettato normativo mostra come la presentazione al Consiglio comunale della Relazione annuale del sindaco rappresenti un obbligo cui il sindaco deve ottemperare per permettere ai consiglieri di espletare la propria funzione di controllo a tutela degli interessi della collettività e, al contempo, anche un diritto del primo cittadino di poter rendicontare la propria attività nella sede deputata, cioè innanzi al massimo organo rappresentativo della comunità». L’assessorato regionale delle Autonomie locali e della Funzione pubblica è perentorio nel riaffermare quel dovere-diritto che sarebbe stato violato a Messina, per la mancata convocazione della seduta di Consiglio comunale (nel 2020) e per la reiterata mancata discussione (2021) sulla Relazione annuale del sindaco. Un dovere-diritto che, dunque, sarebbe stato violato dal presidente Claudio Cardile, chiamato a fornire chiarimenti sulla vicenda. Vincenzo Raitano, il funzionario incaricato dall’assessore regionale, nel ricordare che l’obbligo è stato previsto nella legge regionale 7 dell’agosto del 1992, chiede al presidente Cardile di «fornire un circostanziato rapporto sui fatti», entro 30 giorni dalla notifica dell’atto, e si riserva di attivare «apposito intervento ispettivo». A segnalare a Palermo l’inadempimento da parte della presidenza del Consiglio comunale di Messina, era stata, lo scorso 28 ottobre, la segretaria generale Rossana Carrubba. Le motivazioni della mancata convocazione (in realtà, quest’anno, a differenza dell’inadempimento del 2020, si è trattato di mancata discussione, perché la seduta era stata convocata ma non si è svolta per l’abbandono dell’Aula da parte di gran parte dei consiglieri) erano state riassunte nel documento che Cardile aveva sottoscritto il 13 ottobre 2021. «La norma prevede che il sindaco, annualmente, riferisca al Consiglio mediante una relazione, le attività amministrative svolte nel periodo di riferimento – scriveva il presidente –. Tale previsione poggia nello spirito della legge su un fondamento: il legislatore ha voluto immaginare che i corretti rapporti istituzionali trai due organi rappresentanti la comunità cittadina, sindaco e Consiglio comunale, avvertano la necessità e l’opportunità che il Sindaco relazioni in Consiglio sulla qualità e sulle criticità delle azioni svolte, e che il Consiglio faccia le proprie considerazioni. Nel nostro Comune, però, questi rapporti tra sindaco e Consiglio sono stati interrotti bruscamente e malamente proprio da De Luca, per la delegittimazione costante che lo stesso ha rivolto a quest’organo, nelle offese rivolte al Consiglio e al suo presidente. Sulla base di queste considerazioni, dunque, appare assolutamente inutile e superfluo questo rito formale della presentazione della Relazione». Motivazioni legittime sul piano strettamente politico, ma sulle quali la Regione vuole adesso far chiarezza sul piano stringente della norma, avendo precisato che quella previsione di legge non è un “optional”, e che il dovere-diritto del sindaco è legato non ai rapporti più o meno sereni o burrascosi con l’Aula ma all’obbligo nei confronti della cittadinanza ed è quello stesso «obbligo di controllo» nei confronti della collettività che viene imposto agli stessi consiglieri. Se il sindaco definisce «asini volanti» i consiglieri, ci sono altre sedi dove far valere le proprie ragioni (l’istituto della querela per diffamazione) ma la Relazione annuale va discussa nella sua sede istituzionale, cioè «davanti al massimo organo rappresentativo della città». Tale inadempimento è stato denunciato da De Luca ancor prima che fosse eletto sindaco. Nel febbraio del 2018, infatti, nella sua veste di deputato regionale, presentò una proposta di disegno di legge che prevedeva, nel caso di mancata presentazione della Relazione annuale, una decurtazione o una sospensione dell’indennità spettante al primo cittadino. De Luca faceva allora riferimento alla perdurante mancata presentazione della Relazione da parte del suo predecessore, Renato Accorinti, «e del 50 per cento dei sindaci siciliani». E riguardo alla presunta inutilità della seduta concernente la Relazione, lo stesso De Luca, lo scorso mese di ottobre, ha chiesto pubblicamente che l’autorità giudiziaria intervenga per «fare chiarezza sulle conseguenze, penali e contabili, del perché oltre il 50% delle sedute delle Commissioni e del Consiglio si siano chiuse per il venir meno del numero legale e senza alcuna votazione ma siano stati egualmente erogati i relativi gettoni di presenza in violazione dello stesso Regolamento consiliare». De Luca ipotizzava, in quell’occasione, «un danno erariale di oltre un milione di euro in questi tre anni».

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