Otto e diciotto. Non è un ambo da giocare al Lotto (o se volete, fate pure, non si sa mai). Otto sono gli anni trascorsi da quando è stato partorito il “Salva Colline”, nome-slogan di una variante al Prg, il cui iter è iniziato ma non è mai finito, fino a pochi giorni fa, quando si è giunti al conclusivo “abbiamo scherzato”. Diciotto, invece, sono gli anni trascorsi da quando è entrato in vigore il Piano regolatore vigente (in realtà una maxi-variante al Prg del 1998). Un piano regolatore vecchio, nato male e cresciuto peggio, concepito per una città con 400 mila abitanti e che invece non solo a quei numeri non si è mai lontanamente avvicinata, ma nel frattempo è andata spopolandosi.
Le due questioni sono inevitabilmente legate l'una all'altra. Perché al di là delle ragioni politiche di fondo, con una linea ben precisa tracciata fin da subito dall'amministrazione De Luca, una delle considerazioni che hanno preso più piede a Palazzo Zanca per motivare l'annullamento del “Salva Colline” può essere sintetizzata con queste parole di Felice Calabrò, del Pd (sebbene il partito abbia poi scelto la strada dell'astensione): «La delibera del 2012, che votai anch'io, avrebbe dovuto essere attuata nel giro di un paio d'anni dall'Amministrazione del tempo, ed oggi è superata perché in quelle zone non si può più costruire per i vincoli di legge subentrati nel frattempo». Insomma un atto superato. A maggior ragione se nell'imminenza si prospetta l'adozione del nuovo Piano regolatore.
L'articolo completo sulla Gazzetta del Sud, edizione di Messina
Scopri di più nell’edizione digitale
Per leggere tutto acquista il quotidiano o scarica la versione digitale.
Caricamento commenti
Commenta la notizia