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Ponte sullo Stretto e le baracche, le due "battaglie" dell'estate di Messina

Sono i due fronti della battaglia d’estate. Temi che periodicamente si fanno di nuovo attuali, come nel cerchio di un eterno ritorno. Ponte e baracche, baracche e Ponte. Verrebbe da esclamare: non se ne può più. E invece, mai come oggi, queste due vicende – l’eliminazione delle baraccopoli messinesi; la realizzazione della più grande opera infrastrutturale italiana proprio nell’area dello Stretto – s’intrecciano nell’agenda politica nazionale, regionale e locale.

Partiamo dal risanamento. In ballo ci sono una legge speciale, i poteri da affidare a un commissario in deroga alle norme sugli appalti pubblici e, soprattutto, una dotazione finanziaria di 250 milioni di euro con la quale procedere al definitivo sbaraccamento e alla riqualificazione urbana di quelle che dal 1990 ad oggi vengono classificate come «le aree degradate di Messina». L’iter parlamentare, come è noto, è stato già avviato, grazie all’insistenza di una parte della deputazione messinese, in particolare dell’on. Matilde Siracusano, presentatrice e relatrice di uno dei disegni di legge (gli altri recano la firma di Pietro Navarra del Pd e di Francesco D’Uva del M5S). Martedì prossimo cominceranno le audizioni a Montecitorio. Davanti ai presidenti dei gruppi parlamentari e ai componenti della Commissione Ambiente della Camera si presenteranno (ammessa la modalità in videoconferenza, dunque non ci sarà bisogno di recarsi a Roma), alle 14, il sindaco Cateno De Luca e alle 14,30 o giù di lì il presidente dell’Agenzia del risanamento Marcello Scurria. Nella seduta successiva la Commissione sentirà il presidente della Regione siciliana Nello Musumeci e il commissario dell’Iacp. Poi, dovrebbe essere la volta dei responsabili dell’Arpa e dell’Asp, dei rappresentanti dell’Unione inquilini e, infine, del ministro per il Sud e per la Coesione territoriale Giuseppe Provenzano.

È un’opportunità che non può e non deve essere sprecata. Era dal 1990, cioè da 30 anni esatti, che non si percorreva questa strada, l’unica possibile per arrivare alla meta, cioè alla cancellazione, una volta per tutte, delle baraccopoli, con l’assegnazione di un alloggio dignitoso a oltre ottomila persone che vivono in “casette” o, peggio, in tuguri ricoperti d’amianto. La legge speciale e i fondi ad essa collegati possono imprimere una svolta decisiva e sono anche un risarcimento ai messinesi, visto che – per responsabilità anche della classe politica locale in questi tre decenni – dei vecchi 500 miliardi di lire stanziati nel 1990, solo una parte è stata utilizzata per il bene di Messina.

E in tutto questo che c’entra il Ponte? Ma come si parla di baracche, qui manca tutto dall’acqua al sale, e si perde tempo di nuovo disquisendo di un’opera fantasma? È questa la logica che non può essere più riproposta. Non si può dire che il Ponte non si deve realizzare perché prima bisogna mettere in sicurezza i territori, occorre pensare alle fogne, alle condotte idriche, alle scuole, alla lotta al dissesto idrogeologico, alle condizioni di strade e autostrade, al raddoppio dei binari ferroviari. È evidente che si deve fare tutto questo (ed è assurdo che lo si continua a dire da decenni...) ma il Ponte non è alternativo a queste opere. Il Ponte lo si deve fare, o non lo si deve fare, per se stesso, per la sua importanza, per quello che può rappresentare, per i territori che unisce, per il Sud e per l’intera Italia. È su questo che si deve prendere una decisione, soprattutto in un momento in cui entrano in gioco le imponenti risorse del Recovery Fund.

«Deve essere chiaro, finalmente, che la Rete dichiara guerra a tutte le forze politiche che hanno ridotto il Sud nelle attuali condizioni – dichiara senza mezzi termini l’ing. Giovanni Mollica, fondatore della Rete civica per le infrastrutture nel Mezzogiorno e tra i promotori del flash mob che si terrà il 31 luglio, alle 10, in piazza Unione europea –. S’, guerra agli esponenti politici che vogliono che questo stato di sottomissione economica, sociale e, soprattutto, culturale duri in eterno. Mascherando ipocritamente questa volontà con pulsioni pseudo democratiche (referendum) od opportunismi da politica di bottega. È paradossale che siano Merkel e Macron a chiedere che le risorse del Recovery Fund siano utilizzate per trarre fuori dal degrado il Meridione d'Italia. Ed è offensivo che ministri in carica prendano tempo per redigere ridicole analisi costi-benefici che contrastano coi numeri della povertà diffusa, della disoccupazione, dell'emigrazione della condizione femminile, della mancanza di servizi e del preoccupante innalzamento dell'età media della popolazione residente. Non si tratta solo del Ponte ma del futuro di chi vive e vuole ancora vivere in Calabria e Sicilia».

L’iniziativa del 31 luglio, spiegano gli organizzatori, è mirata all’ottenimento, per il Mezzogiorno, di almeno il 34% (71 miliardi) dei 209 miliardi di euro del Recovery Fund. «Il movimento spontaneo sorto tra Sicilia e Calabria, ai fini di una piena ripresa socio- economica del Sud, rivendica l’Alta velocità e Alta capacità ferroviaria da Augusta, in Sicilia, fino ai confini con Francia, Svizzera, Austria e Slovenia; l’attraversamento stabile dello Stretto di Messina, ossia il Ponte, già cantierabile; le Zone economiche speciali e i necessari adeguamenti delle quindici Autorità di sistema portuale; il rafforzamento e l’integrazione dei sistemi aeroportuali esistenti; la digitalizzazione e la banda larga».

Ad aderire alla manifestazione è Matilde Siracusano. «Le grandi opere, soprattutto per il Mezzogiorno, non sono più rinviabili. Nei prossimi mesi e nei prossimi anni – affermato la deputata di Forza Italia – arriveranno dall’Europa cospicui finanziamenti per rimettere in moto l’economia dopo la crisi scatenata dal Covid. Il nostro Paese deve essere in grado di cogliere al volo questa occasione e attivare tutti quegli investimenti che possono creare sviluppo e occupazione. Venerdì 31 luglio sarò a Messina, la mia città, per partecipare al flash mob, organizzato dalla società civile, da sindacati e da associazioni, tra le quali Rete civica per le infrastrutture per il Mezzogiorno. Quelli che vengono reclamati sono interventi non più rinviabili – insiste l’on. Siracusano – e sono tutte grandi opportunità. Il Paese non può ripartire senza un Meridione davvero protagonista e senza una strategia per la crescita in tutte le Regioni. Sicilia, Calabria e tutti gli altri territori del Sud devono essere in cima ai pensieri del governo. Il Recovery Fund può essere la chiave per riattivare tanti progetti da troppo tempo nel cassetto, e allora che per il Sud siano stanziate almeno il 40% di queste risorse e che i signori del “no” e della decrescita siano marginalizzati anche nei palazzi del potere. Bisogna agire, farlo in fretta e in modo intelligente: se non ora quando».

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