Qualcuno dice: non era la sede giusta. Qualcun altro aggiunge: di Ponte si parlerà successivamente. Ma i fatti contano molto più delle parole. E ancora una volta sulle vicende del Ponte sullo Stretto va in scena la parodia della politica, l’ennesima puntata di una di quelle telenovele sudamericane che sono talmente ridicole da far piangere o, al contrario, così “tragiche” da far ridere a crepapelle. Con 267 voti contrari e 164 favorevoli, è stato rigettato dalla Camera dei deputati, durante il dibattito sul decreto Semplificazioni, l’ordine del giorno che era stato proposto dalla parlamentare messinese Matilde Siracusano di Forza Italia. Un odg che, di fatto, ricalcava le dichiarazioni rilasciate nelle scorse settimane da alcuni esponenti autorevoli dell’attuale Governo, a cominciare dal ministro Franceschini, o da leader del Centrosinistra come l’ex premier Matteo Renzi di Italia Viva. Erano solo due i punti indicati nella proposta a firma Siracusano: 1) «Si impegna il Governo ad attuare ogni opportuna iniziativa volta a riavviare il progetto del Ponte e a realizzarlo anche attraverso le risorse provenienti dall’Unione europea». 2) «Si impegna il Governo a predisporre un’analisi dei costi e dei benefici avente ad oggetto la realizzazione del Ponte, per un collegamento stabile viario e ferroviario tra Sicilia e Continente, secondo il modello già sperimentato per la Tav». Niente di particolarmente sconvolgente, dunque. Anzi, un approccio che teneva conto, in fondo, dello stesso modo di procedere di un Governo a trazione giallo-rossa, di cui fa parte una componente come quella dei Cinque Stelle che dell’analisi costi-benefici di ogni grande opera pubblica hanno fatto quasi un comandamento sacro. Matilde Siracusano aveva argomentato, in premessa, sulle ragioni che l’avevano spinta a presentare un emendamento, e poi un ordine del giorno, nell’ambito del decreto Rilancio: «Tra le opere infrastrutturali fondamentali per il rilancio economico del Paese, secondo un programma di ripresa degli investimenti e dei lavori pubblici, vi è sicuramente il Ponte di Messina che può e deve essere una grande opportunità di rinascita per due regioni come Sicilia e Calabria e per tutto il Mezzogiorno. Il Ponte rappresenterebbe, infatti, una vetrina d’eccellenza per l’Italia nel mondo, avrebbe importanti ricadute economiche e sarebbe un incredibile attrattore di investimenti e di turismo». Ma le ragioni della contrapposizione politica sono evidentemente più forti di qualunque considerazione scevra da elementi ideologici e da aperture o chiusure di chiaro stampo elettoralistico. E così i “no” (tra i quali anche quelli di deputati messinesi, come Pietro Navarra del Pd) sono stati molti di più dei “sì”. Furibonda la reazione di Matilde Siracusano: «La maggioranza Pd-M5S-ItaliaViva-Leu conferma la sua vocazione anti-infrastrutture e anti-sviluppo. Durante l’esame parlamentare del decreto Rilancio il Governo ha rigettato tutte le proposte avanzate dall’opposizione, con in testa Forza Italia, che tentavano di sbloccare le tante grandi opere ferme nel nostro Paese. L’esecutivo ha dato parere contrario e di conseguenza fatto bocciare in Aula alla Camera un mio ordine del giorno che impegnava il Governo a riavviare il progetto del Ponte sullo Stretto di Messina, anche attraverso l’utilizzo dei fondi europei, come, ad esempio, i 170 miliardi del Recovery Fund, e a predisporre un’analisi costi-benefici (una volta per i 5 Stelle era imprescindibile) in relazione alla realizzazione di questa infrastruttura. Il voto contrario della maggioranza è sconvolgente, ancor di più dopo gli annunci dei ministri Franceschini e De Micheli, e dopo i proclami di Renzi. Basta parole, il Paese, la Sicilia, la Calabria, il Mezzogiorno, chiedono fatti. Questo Governo, ancora una volta, non dà risposte e scappa dalle sue stesse contraddizioni». Duro anche il commento dell’on. Giuseppe Compagnone, presidente della Commissione Ue dell’Assemblea regionale siciliana: «Ancora una volta gli impegni, gli annunci e le aperture sulla realizzazione del Ponte sullo Stretto si sono rivelati un bluff. Il Decreto semplificazioni del Governo Conte ha così avuto il merito di scoprire le carte di politici e massimi rappresentanti istituzionali che, ancora oggi, intendono prendere in giro i siciliani, condannando la Sicilia all’isolamento. Ha prevalso quel “benaltrismo” secondo cui alla Sicilia servono altre opere e non anche uno strategico collegamento stabile con la penisola. Ha prevalso quell’idea che il Sud debba essere costantemente penalizzato mentre al Nord si trovano sempre i fondi per le opere, anche le più discutibili. Noi, certamente, non ci arrenderemo e siamo sicuri che i governi regionali di Sicilia e Calabria prenderanno tutte le iniziative necessarie per colmare un gap storico evitando che si perda un’occasione irripetibile, quale quella garantita dal meccanismo del Recovery Fund. Mi auguro, inoltre, che anche l’Ars prenda una posizione unica e forte sullo sterile elenco di opere già finanziate contenute nel Piano “Italia Veloce” piuttosto di avvitarsi in uno sterile dibattito».