Se da una parte continua l'abbuffata di conferenze stampa, inaugurazioni e blitz pre-elettorali (è spuntato pure un immancabile cliché delle campagne elettorali, il pallone e il futuro del calcio), dall'altra è la lettera inviata a 300 mila messinesi - tra città e provincia - da Cateno De Luca.
Una missiva, firmata “sindaco della Città metropolitana di Messina”, con la quale De Luca chiede il voto per la candidata alle Europee Dafne Musolino, per Silvio Berlusconi («non l'ho mai votato» scrive), e in fondo per se stesso («un ulteriore ed indispensabile passo in avanti per spalancare le porte di Palermo al vostro Cateno De Luca»), perché l'obiettivo dichiarato è sempre quello: diventare presidente della Regione. La potremmo definire “la seconda lettera di Cateno”, rifacendoci ad arditi rimandi biblici, perché la prima l'aveva inviata più o meno un anno fa, da semplice candidato sindaco.
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Movimento 5 Stelle che esprime il «più vivo imbarazzo - affermano i parlamentari Francesco D'Uva, Grazia D'Angelo, Valentina Zafarana e Antonio De Luca -. Forse sarebbe il caso di ricordare al primo cittadino cosa significa ricoprire un ruolo istituzionale».
I pentastellati hanno presentato un esposto all'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, al CoreCom Sicilia, alla Guardia di Finanza e al prefetto di Messina: secondo i M5S la lettera costituirebbe una palese violazione della disposizione della legge 28 del 22 febbraio 2000 secondo cui «dalla data di convocazione dei comizi elettorali e fino alla chiusura delle operazioni di voto è fatto divieto a tutte le amministrazioni pubbliche di svolgere attività di comunicazione, ad eccezione di quelle effettuate in forma impersonale ed indispensabili per l'efficace assolvimento delle proprie funzioni».
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