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Dalla Messina Social City alle lottizzazioni, tutti i pro e i contro dei primi sei mesi di De Luca

Una fantasmagorica avventura o un incubo? L’inizio di una svolta o solo il ritorno della vecchia politica? Lo scenario di una Messina proiettata verso il 2030 o la “fiumedinisizzazione” di una Città che vorrebbe essere metropolitana? Che film abbiamo visto finora sugli schermi di Palazzo Zanca e dintorni? Comico o tragico, puro intrattenimento, horror, fantascienza o cinema d’essai?

Sotto l’Albero si fanno sempre i primi bilanci. Noi abbiamo provato a interpretare gli umori, a intercettare i giudizi, a sintetizzare le critiche e gli elogi di chi avversa o sostiene questa Giunta. Ognuno può ritrovarsi nei “pro” o nei “contro”, o restare ancora a metà del guado, in attesa di ulteriori verifiche sul campo.

I pro

“De Luca il sindaco lo sa fare”, è stato non solo lo slogan di un’intera campagna elettorale ma il concetto ribadito fino ad oggi dai suoi sostenitori. Un impegno quasi h24, la capacità di leggere i bilanci, voce per voce, la maniacale attenzione ai dettagli, la rivoluzione apportata nei metodi di lavoro e anche di confronto con le organizzazioni sindacali.

Secondo i “pro”, De Luca ha davvero avviato una rivoluzione a Palazzo Zanca, che necessita di tempi più lunghi per poter essere compiutamente realizzata.

Ma, intanto, i primi segnali sono stati molto “forti”: il sistema dei servizi sociali sottratto al potere delle cooperative con la nuova “Messina Social City”, i riflettori permanentemente accesi sul risanamento (nonostante il Governo nazionale non abbia concesso lo stato di emergenza e i poteri speciali per eliminare le baraccopoli) con l’Agenzia A.Ris.Me, l’avvio di una nuova azienda al posto dell’indebitata Atm, il potenziamento dell’Amam, il superamento dell’emergenza rifiuti e la volontà di raggiungere entro la prossima estate livelli di raccolta differenziata (il 65%) degni di una città civile. E poi un’attenzione costante nei confronti dei villaggi e delle periferie, il recupero degli antichi mestieri e tradizioni popolari, la valorizzazione del “made in Messina” che sarà il “brand” dell’intero 2019.

E ancora la modifica del Piano di riequilibrio e tutti i provvedimenti collegati al “salva Messina” che il sindaco è riuscito a farsi approvare dal Consiglio in tempi mai visti nel passato. I cantieri delle grandi opere pubbliche ereditati dalle precedenti Amministrazioni, comunque sbloccati e avviati, come quello della nuova via Don Blasco e del porto di Tremestieri.

E poi, con il contributo determinante dell’assessore Carlotta Previti, la nascita di un vero Ufficio di progettazione che possa intercettare già dai prossimi mesi una grande quantità di fondi europei che potrebbero rappresentare una linfa vitale per lo sviluppo di Messina e del suo territorio metropolitano. De Luca e i suoi sono convinti di avere ancora, intatto come nei giorni caldi di maggio e nel giugno del turno di ballottaggio, dalla propria parte il consenso della gente.

Il sindaco, accusato spesso di modi dittatoriali e di arroganza, ha avuto invece, secondo i “deluchiani”, l’umiltà di ascoltare le critiche e di chiedere anche scusa alla città per gli errori commessi in questi primi sei mesi, così come accaduto durante i venti giorni “tragici” della crisi dei rifiuti.

I contro

Ma il film visto dai “contro” è di tutt’altro genere. Il sindaco – questa è la principale accusa – non solo non ha portato alcun elemento di innovazione, ma di fatto ha riportato indietro le lancette della storia comunale, tornando ai tempi della vecchia Prima Repubblica, con nomine lottizzate e ispirate da più o meno “occulti” suggeritori.

De Luca, urlano i suoi detrattori, ha ridotto Messina al rango di un piccolo borgo di provincia, tra zampognari e sagre paesane, senza strategie di ampio respiro, senza alcuna visione generale. Lo accusano di “doppia personalità”, toni aggressivi ai limiti dell’insulto (e già si è beccato le querele dell’ex Giunta Accorinti e dei segretari di Cgil e Uil) e voglia di piacere a tutti con le centinaia di “selfie” che hanno contrassegnato tutti questi giorni sulla sua pagina Facebook, diventata la voce ufficiale della città.

Il suo obiettivo è stato letto come un tentativo scientifico di smontare qualunque cosa recasse il marchio della precedente Amministrazione, salvo poi, dopo annunci roboanti, fare diversi passi indietro. Come è accaduto per il tram, prima da smantellare ad ogni costo, ora da salvare e da modificare. Come per le aziende partecipate, da ridurre all’osso se non da eliminare tutte, e che invece sono aumentate in misura esponenziale rispetto al periodo accorintiano.

Come per gli attacchi ai cosiddetti “poteri forti”, le parole di fuoco nei suoi comizi finali della campagna elettorale contro Caronte&Tourist e ora strette di mano, sorrisi e pacche sulle spalle con il Gruppo Franza e non solo. Gli imputano la totale mancanza di equilibrio, la scarsa qualità dei collaboratori scelti in Giunta e al vertice delle partecipate, tutti “yes men” o “yes women” tranne qualche rara eccezione. E ne profetizzano la “caduta” ben prima della fine del mandato.

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