Entro domani a mezzanotte va approvato il Piano di Riequilibrio (giunto ormai alla sesta versione in sei anni) che dovrebbe salvare Messina, la tredicesima città d’Italia, dal default. Da lunedì il Consiglio comunale è impegnato in un vero e proprio tour de force per l’approvazione di 32 delibere definite dal sindaco Cateno De Luca “propedeutiche e interconnesse” al Piano.
La gran mole di atti da esaminare e i tempi strettissimi dettati dall’Amministrazione stanno avendo come conseguenza la mancata possibilità di approfondire documenti che segneranno il destino della città nei prossimi anni e che investono molteplici settori, dal trasporto pubblico ai rifiuti, passando per i servizi sociali.
La seduta fissata oggi pomeriggio che aveva all’ordine del giorno anche l’esame delle delibere riguardanti l’Atm, la società che si occupa della gestione del trasporto pubblico locale e che l’Amministrazione vuole liquidare, non si è tenuta per la mancanza del numero legale: in aula mancavano all’appello diversi consiglieri e tutti gli esponenti del Movimento 5 Stelle che, al momento dell’apertura dei lavori, erano a Palazzo Zanca, ma non tra gli scranni dell’aula consiliare.
Che sia stata dettata da una strategia politica o sia avvenuta accidentalmente, la loro mossa, ma anche il mancato sostegno numerico all’apertura dei lavori da parte del resto dell’aula ha pregiudicato ancor di più la possibilità di entrare nel merito della “rivoluzione” targata De Luca. Non c’è stata neanche la possibilità di trattare i provvedimenti che interessano il settore dei rifiuti a causa delle conseguenze che il fallimento di Messinambiente (la vecchia società che gestiva la raccolta) comporterà anche sulla Messina Servizi (l’attuale partecipata in funzione).
Domani sarà un giorno cruciale, ma dal finale quasi scontato. Tutti gli atti che mancano all’appello, oltre una decina, e il famigerato sesto Piano di Riequilibrio, saranno con tutta probabilità approvati in una manciata di ore. Una storia già scritta da tempo su cui l’ultima parola l’avranno, però, Ministero e Corte dei Conti. Ammesso che non sia lo stesso sindaco, come ha annunciato, a dichiarare il dissesto se non verranno sottoscritti entro il 31 gennaio gli accordi con quei creditori che rappresentano il 70% del debito complessivo del Comune.
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