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Giù il sipario sulla corsa al voto più lunga

E ora i due sfidanti si denunciano a vicenda

È finita. Il silenzio cala quasi come una benedizione sulla più lunga, accesa, spesso virulenta campagna elettorale della storia di Messina. Una campagna elettorale aperta proprio da uno dei due protagonisti del ballottaggio di domani, Cateno De Luca, il 1. aprile 2017, quando annunciò che si sarebbe candidato a sindaco, è proseguita con ben due corse al voto, quella per le Regionali di novembre e quella per le Politiche di marzo, e si è conclusa con la battaglia per Palazzo Zanca, con l’appendice del duello tra lo stesso De Luca e Placido Bramanti.

L’ex sindaco di Fiumedinisi e Santa Teresa di Riva (che ieri ha lasciato che proprio gli attuali sindaci dei due comuni ionici aprissero il comizio finale a piazza Duomo) la sua corsa a Palazzo Zanca l’ha pianificata e portata avanti passo dopo passo, sia con mosse eclatanti in pieno “stile De Luca”, come la passeggiata a piazza Cairoli, in pieno agosto, con la pecora ribattezzata “Pelority”, sia con mosse politiche, il matrimonio di convenienza con l’Udc di Pippo Naro e Lorenzo Cesa che lo ha portato dritto all’Ars. Ma è solo il trampolino di lancio.

E quando De Luca è già col piede sull’acceleratore, superato il mese di fuoco vissuto tra un arresto, un’assoluzione (più qualche prescrizione) e una scarcerazione, con le prime conferenze stampa sul programma e addirittura la presentazione della squadra degli assessori, inizia ad affacciarsi l’ipotesi Bramanti nelle file del centrodestra. È alla vigilia delle Politiche che diventa concreta la pista che porta al direttore scientifico dell’Irccs Neurolesi, individuato come uomo in grado di mettere in grado le anime della coalizione. E c’è chi lega a questa intesa politica il disegno di legge che proprio in quelle settimane Luigi Genovese, figlio di Francantonio, eletto a novembre all’Ars, presenta per proporre l’accorpamento tra l’Irccs e l’ospedale Papardo. Un legame che Bramanti, nei mesi successivi, negherà con forza.

L’ufficializzazione della candidatura di Bramanti arriva il 24 marzo e arrivano subito i puntini sulle “i”: «Me lo ha chiesto il presidente della Regione Musumeci». Un tentativo di smentire la regia dei tre maggiorenti del centrodestra messinese, Genovese, Nino Germanà ed Elvira Amata. I quali, quasi sempre, seguiranno dietro le quinte una campagna elettorale in cui proprio Musumeci, invece, farà capolino per ben tre volte, dalla convention al Palacultura (la prima con tutti i big di partito presenti) alle chiusure del primo turno a piazza Cairoli e del ballottaggio, ieri sera.

Le strade di Bramanti e De Luca ad un certo punto finiscono pure per incrociarsi. Avviene in una tortuosa settimana di metà aprile: il 19 viene rinviata proprio alla fine delle elezioni (si terrà il 28 giugno) l’udienza preliminare per De Luca ed altri indagati sul “caso Fenapi”, il giorno dopo lo stesso De Luca deve incassare il deposito del ricorso in appello contro la sentenza sul sacco di Fiumedinisi, firmato in prima persona dal capo della Procura De Lucia. Ed il 21 uno dei momenti più controversi della campagna elettorale, il famoso “patto di non belligeranza” tra Bramanti e De Luca.

I due lo siglano a Palazzo dei Leoni, si fonda sul tener fuori dall’agone politico gli attacchi personali. Ma sembra cadere ancor prima di nascere, a causa della maglietta indossata da De Luca, “a ciascuno il proprio mestiere”, messaggio che era già stato rivolto a Bramanti in precedenza e che diventerà una sorta di tormentone. Che il patto sarebbe diventato a farsa lo si sarebbe capito nelle ore successive: attacchi e botte e risposte, della serie “abbiamo scherzato”.

Bramanti decide quindi di non partecipare più, in questa fase, a dibattiti televisivi. Il suo patto, invece, lo sigla con Vincenzo Nibali, al fianco del quale pedala in centro città qualche giorno dopo (ma anche qui non mancheranno le polemiche). E il 2 marzo De Luca torna all’attacco: «Il patto? Era non parlare di tutto ciò che mi è stato detto su Bramanti e l’Irccs».

In prossimità della scadenza di metà maggio della presentazione delle liste, il nuovo colpo di teatro di De Luca: l’appello per la raccolta firme necessaria a chiudere le sei liste: «O le presento tutte, o mi ritiro». Un nuovo modo per tenere tutti sulla corda, un “tranello” in cui cadono anche alcuni esponenti del Movimento 5 Stelle. Dall’altra parte, invece, si assiste ad un altalenante balletto tra Bramanti ed il deputato messinese della Lega Carmelo Lo Monte: accordo sì, accordo no, accordo forse, ma con distinguo. Salviniani o bramantiani, ma non troppo.

Il rush finale verso il primo turno, invece, è agitato dal duello tra De Luca e Sciacca, un botta e risposta che finisce per mettere di mezzo gli avvocati. La tornata del 10 giugno sancisce l’uno contro uno tra Bramanti e De Luca, col primo “tradito” da un pesante 10% di voti in meno rispetto alle dieci liste della coalizione, ed il secondo, invece, che riesce a superare di 1.800 voti il candidato del centrosinsitra Antonio Saitta, grazie da un 7% in più delle sue sei liste ma senza il sostegno di alcuni consigliere comunale eletto. Questo non gli vieterà di incassare, seppur non in modo manifesto, l’appoggio mai dichiarato di più di un consigliere comunale, eletto e non, ma anche di esponenti persino del centrodestra. Non riuscirà, invece, a Bramanti, l’apparentamento tentato col centrosinistra, saltato dopo una riunione ad altissima tensione tra alcuni deputati e una parte della “base” del Pd.

Nei suoi comizi De Luca alza il tiro (spesso anche contro la stampa), Bramanti, invece, cambia registro e concentra gran parte dei suoi ultimi interventi sulla differenza tra lui e De Luca, “pluri-indagato e pluri-arrestato”. Le designazioni dei tre assessori mancanti, però, rigettano Bramanti nella facile polemica sul “controllo” dietro le quinte della triade Genovese-Germanà-Amata, essendo Simona Contestabile, Giusy Marabello e Pasquale Currò diretta emanazione dei tre parlamentari. De Luca intanto denuncia Bramanti per i suoi continui riferimenti ad un eventuale arresto post-elezioni. Sembra una conseguenza inevitabile che alla fine, dopo un estenuante balletto, salti l’ultimissimo confronto tv su Rtp.

Ieri il gran finale. Bramanti ha parlato prima in un comizio nel rione di Gazzi, poi in forma più “ristretta” in un lido della zona nord, con al fianco Nello Musumeci. In giornata aveva lanciato un appello ai cittadini: «De Luca è un’onta per la politica. Sono tutti gli stessi? No, io non sono la stessa cosa di De Luca». De Luca ha chiuso sul “gong” della mezzanotte a piazza Duomo. Ha messo di nuovo nel mirino i Franza, ha annunciato la realizzazione del “Museo della Memoria”. Ha lanciato messaggi a Bramanti. Ha detto di voler far pace con la stampa, esaltando la figura di Uberto Bonino. E si è professato come l’uomo anti-casta: «Mandiamoli tutti a casa, con un solo colpo di matita». Giù il sipario. Domani notte avremo il sindaco del dopo-Accorinti.

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