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Se al caos elettorale
si sommano le bufale

Se al caos elettorale si sommano le bufale

«Dopo il caos la certezza: sarà ballottaggio». Così titolavamo esattamente cinque anni fa, una volta concluso il lavoro dell’ufficio elettorale a Palazzo Zanca. E nei giorni precedenti i titoli erano pressoché questi: “si inceppa la macchina elettorale”, “scrutini fiume”, “caos negli spogli”. Cinque anni dopo, diventa difficile la ricerca di parole che evitino di scivolare in scontate ripetizioni. Perché la macchina elettorale si è inceppata di novo, gli scrutini sono durati un’infinità anche stavolta, il caos negli spogli si è ripetuto. E non ci cimentiamo nella ricerca negli archivi di dieci anni fa, perché rischieremmo di pescare altre ripetizioni.

Quest’anno ad aggiungere ulteriori elementi di confusione hanno contribuito voci incontrollate che si sono sparse con un classico telefono senza fili, con l’effetto megafono di agenzie di stampa che hanno disseminato pillole di panico e complottismo in un ambiente già surriscaldato da una campagna elettorale infuocata di suo. Schede elettorali sparite, misteriose figure che avrebbero sottratto nottetempo i plichi spacciandosi per messi del Comune, migliaia di voti dispersi, magistrati e poliziotti in azione per far luce su presunti gialli.

Nulla di tutto ciò è avvenuto. Sì, una colossale bufala. O meglio, la Digos ha sì vigilato su tutto, come sempre (non spesso, sempre) avviene in questi casi. E il magistrato si è regolarmente presentato a Palazzo Zanca, come sempre (non spesso, sempre) avviene per la verifica dei voti ed insediare il cosiddetto Ufficio centrale. Ossia l’organo ufficiale che ad ogni tornata elettorale, dentro l’aula consiliare di Palazzo Zanca, procede alla verifica di tutte le carte. Qualcuno ricorderà che cinque anni fa tutti i riflettori furono puntati su quell’aula, quando Felice Calabrò, il candidato del centrosinistra dell’epoca, correva sul filo delle decine di voti per capire se avesse vinto al primo turno o se fosse costretto al ballottaggio con Renato Accorinti. E in quei giorni emersero i tanti pasticci accaduti nelle varie sezioni, tra presidenti spariti nella notte e verbali redatti alla meno peggio.

Anche quest’anno non è successo qualcosa di molto diverso. L’esito finale, il ballottaggio tra Dino Bramanti e Cateno De Luca, non è mai stato in realtà in dubbio e infatti dalla verifica finale sono venute fuori solo piccole discrasie di voti. L’intoppo ha riguardato quindici sezioni e un avviso, apparso sul sito istituzionale del Comune martedì pomeriggio, che ha gettato nel panico candidati e non solo. “Attenzione!!! (con tre poco rassicuranti punti esclamativi), non sono presenti i dati delle sezioni 20, 47, 49, 57, 66, 77, 84, 87, 111, 116, 145, 166, 201, 222 e 241, perché non rilevabili”. Apriti cielo. Ieri l’incontrollato passaparola: «Mancano 7 mila voti! Qua annullano tutto».

In realtà a Palazzo Zanca i plichi erano tutti al loro posto con all’interno le schede. Mancavano o non erano compilati i cosiddetti verbali “addendum”, cioè quelli in cui, sostanzialmente, vengono sintetizzati tutti i risultati che poi vengono trasmessi al Centro elettronico e quindi pubblicati sul sito. Per questo motivo non erano rilevabili. Ovviamente è bastato procedere alla verifica che regolarmente, ad ogni elezione, viene svolta dall’Ufficio centrale, presieduto quest’anno dal magistrato Laura Romeo, per rimettere tutto a posto. Per le prime sei sezioni già ieri è stato aggiornato il dato sulle preferenze, per le altre si procederà da oggi. Ieri pomeriggio, poco dopo le 14.30, il verdetto: 119.426 voti validi, nessun candidato ha ottenuto il 40% dei voti validi, ballottaggio tra Bramanti e De Luca. È la certezza che già si aveva. Insieme al caos elettorale di ogni tornata.

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