In una campagna elettorale dai toni spesso surreali, può capitare anche che un candidato prima lanci un macigno (altro che sasso) in uno stagno, che poi smentisca se stesso, che un altro candidato replichi, e che il candidato che aveva smentito se stesso controreplichi a sua volta. E può capitare anche che i due candidati in questione siano gli stessi che due sabati fa (non un’era geologica, dunque) propinarono alla stampa e agli elettori il famoso e mai attuato “patto di non belligeranza”.
Questo è, in estrema sintesi, quanto avvenuto ieri tra Cateno De Luca e Dino Bramanti. Il primo si presenta di fronte ai cancelli di Palazzo Zanca sia per fare il punto sul “bottino” di emendamenti alla Finanziaria e quindi di milioni di euro ottenuto all’Ars per Messina, sia per svelare i “retroscena” del famoso patto. Due questioni messe in relazione, con una narrazione cronologica dei fatti: in prima battuta De Luca aveva bocciato la Finanziaria in commissione, poi ha presentato una sfilza di emendamenti e, forte del «segnale lanciato al centrodestra» con il patto siglato con Bramanti, incontrato una domenica mattina insieme agli inconsapevoli gattini del professore, è riuscito a farseli approvare in commissione Bilancio. «Ma da Messina sono giunti dei segnali», spiega De Luca, così all’Ars i suoi emendamenti sono stati stralciati. Salvo poi essere reinseriti in due maxi-emendamenti, finalmente approvati, per via di un ulteriore patto con la maggioranza di governo, «nonostante le operazioni di cecchinaggio del Movimento 5 Stelle, con in testa la Zafarana, e del Pd, e mi ha sorpreso in questo senso Franco De Domenico». Tutto qua, dunque? Il patto con Bramanti propedeutico ad ammorbidire il centrodestra all’Ars? «Il patto consiste nel non toccare profili personali e professionali. Non è logico che un professionista della sua statura si faccia coinvolgere dalla scoria politica che ha ridotto la città in queste condizioni». Certo, poi c’è stato lo scivolone sugli omosessali, «ma se non c’è l’abitudine a reggere lo stress di una conferenza stampa, non è certo colpa mia. Bramanti ogni volta che parla perde voti». Qualcosa non torna. Perché non sembra sufficiente un patto di non belligeranza “personale” per evitare che i parlamentari di centrodestra, invece regolarmente attaccati, diventino più “morbidi” a Palermo. E infatti c’è dell’altro. Il vero oggetto del patto. Ovvero l’Irccs Neurolesi. Incalzato dalle domande, De Luca ci arriva: «Avevo già lanciato messaggi su Facebook su assunzioni strane effettuate al Neurolesi. Parliamoci chiaramente. Mi arrivano documenti su assunzioni della settimane generazione, ma non ne voglio sapere e non ne voglio parlare. Perché ho fatto un patto. Ecco perché aspetti professionali e personali». Il patto era su questo? «Sì». Più chiaro di così. De Luca poche ore dopo proverà a smentire se stesso, «non sono a conoscenza di condotte illecite o sia pure discutibili a parte dell’Irccs. Ho fatto solo un cenno a certe segnalazioni anonime».
Ma la frittata, l’ennesima, è fatta. E stavolta Bramanti non tiene più: «Spiace dover essere costretto ad ascoltare le cialtronesche dichiarazioni di Cateno De Luca, che con le risibili dichiarazioni rilasciate a margine della conferenza stampa di oggi, grossolanamente smentite nel giro di poche ore, ha minato non solo la sua ma la credibilità di un’intera classe politica. Come possono i messinesi dare fiducia ad un candidato sindaco che davanti alle telecamere rilascia dichiarazioni inequivocabili e che solo tre ore dopo sostiene di non aver mai pronunciato quelle frasi? Di fronte ad illazioni, che comunque qualificano la persona che le ha pronunciate, su non meglio precisate assunzioni all’Irccs Neurolesi, andrò personalmente in Procura per sgombrare definitivamente il campo da qualsiasi suggestiva ricostruzione creata ad arte per beceri fini elettorali. I retroscena ai quali allude De Luca sono frutto della prolifica fantasia di chi sta usando il suo ruolo di deputato regionale non al servizio della città ma al servizio di se stesso e delle sue ambizioni personali. Gli emendamenti non devono essere trasformati in strumenti di attrazione del consenso, né usati contro qualcuno nel tentativo di trarne un vantaggio competitivo. L’azione politica non può essere venduta un tanto al chilo, ma va indirizzata solo ed esclusivamente in funzione del bene della collettività. Mi rendo conto che, da non messinese, De Luca tenti in ogni modo di mostrarsi agli occhi dei messinesi come un benefattore, ma da uno che si presenta in conferenza stampa con magliettine sgargianti su cui campeggiano slogan allusivi, e due ore dopo aver firmato un patto di fair play si lascia andare ad ogni tipo di commento offensivo, non c’è da aspettarsi un comportamento volto solo al bene della città che vuole amministrare. È ora di far calare il sipario sulla politica dei teatranti. Su una cosa ha ragione De Luca: a ognuno il suo mestiere».
Per non farci mancare nulla, arriva pure la controreplica di De Luca: «Io all’Ars non baratto nulla, non ho “acquisito” strutture ospedaliere, ho solo fatto qualcosa di utile per Messina senza nulla pretendere. Messina non ha bisogno di un sindaco silente o accondiscendente con il cosiddetto potere prostituito al malaffare politico. Stia certo, professore, non mi fermerete». Sì, forse è il caso. Caliamolo davero, questo sipario.
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